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Questa settimana non andiamo lontani, anzi rimaniamo nella mitica San Casciano.
In quel di San Martino il signor Oliviero, di anno in anno, proprio come facevano i suoi avi, selezionava le piante di cavolfiore che rispecchiavano il prodotto che lui cercava.
Un cavolfiore strano, atipico, delicatissimo e protetto dalle foglie fino quasi a maturazione.
Ma quello che cercava di fare, il Pasqualetti, non era di creare una nuova varietà, ma bensì di “depurare” una autoctona.
Infatti il cavolfiore è proprio nostro, europeo al 100% e qui era fatto così, più simile nella forma al broccolo romano, con la “palla” che diventa un pochino più spigolosa, di colore paglierino e non proprio bianco, con la capacità di resistere meglio alle gelate, grazie alle foglie che lo proteggono maggiormente.
Io il cavolfiore di San Casciano lo mangio così: lo lesso per una ventina di minuti, meglio se a vapore, quindi in una pentola rosolo bene dello scalogno, un pochino di pancetta ed una foglia di alloro ed un filo d’olio, quando pronto tolgo l’alloro e metto una palla di cavolfiore, lascio insaporire bene per almeno cinque minuti e allungo con un pochino di brodo vegetale, per un tocco di cremosità aggiungo un cucchiaio di panna, ma pochina.
Quando tiepido frullo il tutto e aggiungo due uova e un po’ di parmigiano. Lo si può cucina in uno stampino imburrato e pangrattato ma io vi consiglio una teglia piccola, carta da forno, pangrattato sul fondo, il composto (alto almeno 4 cm)e pangrattato a coprire, 180° per 20 minuti e lasciar intiepidire.
Tagliare a rettangoli e servire su un pesto fatto con il cavolo nero sbollentato. Guarnire con scaglie di grana e qualche goccia di balsamico. Ecco quindi lo sformato di cavolfiore e pesto di cavolo nero.
Matia Barciulli, chef, coordinatore tecnico ristoranti Antinori, babbo di Brando
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