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Da qualche giorno il Consorzio Vino Chianti Classico ha un nuovo direttore generale: è Carlotta Gori, nata a Firenze nel 1969, sposata e madre di una figlia, con una laurea in Giurisprudenza alle spalle.

Ha cominciato la sua carriera all’interno del Consorzio circa 20 anni fa, al termine degli studi universitari. Un percorso lavorativo che l’ha portata a ricoprire la carica di responsabile attività di tutela legale e vigilanza e responsabile rapporti istituzionali per il Gallo Nero. E’ membro del gruppo legale di AICIG (Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche).

A lei il Consorzio del Gallo Nero ha affidato la difficilissima eredità di Giuseppe Liberatore, dg per 25 anni, dimessosi l’estate scorsa. WeChianti la incontra per la prima intervista nel suo nuovo ruolo.

Prima di tutto… chi gliel’ha fatto fare?

“È la scelta più coraggiosa della mia vita. Ho sempre fatto scelte prudenziali: in questo caso invece ho deciso che era il momento di andare oltre. Del resto devo anche dire che dopo 21 anni di lavoro in questo settore ci sono consapevolezza ed esperienza”.

Certo che quella che lascia Liberatore è una eredità a dir poco pesante…

“In realtà pesantissima. E ci si deve smarcare. Se dovessi calibrare il mio lavoro sulla sua impostazione non si potrebbe neanche mettere in campo una strategia. Spero invece di poter smarcarmi con intelligenza. Il modo in cui ha incarnato la direzione del Consorzio non è replicabile. Può essere, invece, interpretabile”.

Magari meno a… tutto campo?

“Io sono direttore della struttura operativa del Consorzio. Mi sento pronta a essere interprete e garante delle strategie che il Cda e l’assemblea dei soci mi forniranno”.

Ma una sua idea su uno dei temi del momento, ovvero le menzioni geografiche aggiuntive, potrà dircela…

“È un tema a cui ho lavorato dal punto di vista tecnico, che conosco anche bene. È una fase in cui attendiamo che la base sociale e il Cda trovino una quadratura”.

La creazione delle varie associazioni di produttori all’interno dei diversi comuni può aiutare in questo percorso?

“Sono ottime iniziative, una bella realtà operativa utile. Perché parlare di territorio e di Chianti Classico è sempre positivo. Sono un contributo aggiuntivo, ma il Consorzio deve essere l’ente ultimo di riferimento, la struttura che deve portare a sintesi”.

A proposito di sintesi, come si gestiscono le differenziazioni fra aziende, fra piccoli e grandi produttori? E’ un tema sempre all’ordine del giorno…

“Nel Consorzio ci sono realtà imprenditoriali diverse ma si è sempre trovata una sintesi. Con la mediazione che è tipica del Consorzio: non a caso fra qualche anno festeggeremo i cento anni di vita”.

Con il presidente Sergio Zingarelli

Dal punto di vista enologico quale la situazione della denominazione?

“Questa vendemmia ci racconta una riduzione delle rese, aspettiamo le denunce delle uve ma il polso della situazione è chiaro. La qualità rimane alta, abbiamo prospettive di un’ottima annata; nel 2016 del resto avemmo una produzione elevata e quindi… va anche bene così”.

Distretto Rurale del Chianti e candidatura a patrimonio dell’Unesco di questo territorio: sono stati fatti passi in avanti decisivi.

“Del Distretto Rurale ho iniziato a occuparmene da questa estate, e grazie all’opera di chi mi ha preceduto siamo molto contenti e soddisfatti. Soprattutto del clima positivo, che speriamo influisca anche sulla candidatura Unesco”.

Percorsi che non vengono scalfiti dall’assenza del Comune di Gaiole in Chianti?

“Noi andiamo avanti. Se il Comune di Gaiole volesse unirsi lungo la strada ognuno di noi sarebbe molto contento. Al momento ne prendiamo semplicemente atto”.

Come si immagina, infine, il Gallo Nero fra cinque anni?

“Siamo ormai una denominazione orientata all’esportazione, il nostro interesse è quello. Ma forse c’è da riprendere in mano il mercato italiano, che invece va spinto maggiormente. I mercati emergenti? La Cina? Ogni mercato è una sfida che merita di essere giocata. Se anni fa avessimo avuto timori non saremmo sul mercato americano come lo siamo oggi. Non si possono deporre le armi di fronte a sfide o complicazioni burocratiche. Certo è che sui mercati internazionali che fino ad oggi hanno dato garanzie al nostro prodotto, come Usa e da pochi anni il Canada ad esempio (che pensavamo difficile ma che si sta aprendo), dovremo continuare e investire”.

Matteo Pucci

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