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Dal Bangladesh a Montefioralle, dal Wall Street al risotto. La vita del giovane Patrick Risotto Botlero sembra quella del protagonista di un film.

Trasferitosi con i genitori all’età di otto anni dal Bangladesh agli Stati Uniti d’America ha vissuto a New York City, dove sino al 2007 ha lavorato per la Credit Suisse a Wall Street.

L’amore lo ha portato in Svezia a Stoccolma di cui ha apprezzato la mentalità, la cucina, la natura e lo stile di vita. Qui ha trovato un nuovo lavoro in banca, ma è durato poco. Sentendosi come un uccello in gabbia ha deciso di ascoltare la sua passione e dedicarsi al suo grande amore, il risotto, che ha scelto come secondo nome.

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La storia del tuo nome è piuttosto singolare. Vuoi raccontarcela?

“Dal 2011 in poi ho viaggiato spesso in Italia da Treviso, a Venezia sino a Torino per imparare tutto  sui diversi piatti a base di riso. Ho imparato a riconoscere le diverse varietà e ho cucinato con grandi chef di risotto come Gabriele Ferron e Luciano Parolani, mio amico e maestro. Tornato a Stoccolma ho cucinato risotti per i miei amici durante i tanti “risotto-party”. Cominciarono a chiamarmi “Risotto-man”. Mi piaceva, così contattai l’ufficio anagrafe e chiesi di poter aggiungere Risotto come mio secondo nome. Sono anche produttore di una band che ha realizzato della risotto-music: Risotto Nova e I Want Some Risotto sono due dei loro brani”.

Come sei arrivato a Greve in Chianti e a Montefioralle?

“Dopo aver imparato tutto sul risotto, ho cominciato a studiare la cucina piemontese, poi mi sono concentrato sulla grande tradizione della carne a Firenze. Ho scoperto Montefioralle quando sono andato a conoscere Dario Cecchini a Panzano lo scorso aprile. Mi sono sentito subito nel posto giusto”.

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E hai deciso di trasferirti…

“Amo cucinare, imparare e scrivere storie sulle mie esperienze con le diverse cucine regionali italiane, così ho deciso di tornare a Montefioralle la scorsa estate per raccontare la storia di uno chef in viaggio alla scoperta delle ricette, delle persone, della lingua, delle tradizioni, del territorio. Ho imparato a fare il formaggio al Podere Le Fornaci, i salumi con Stefano Falorni. La chef Laura della Taverna del Guerrino mi ha insegnato a preparare il cacciucco mentre dallo chef de La Castellana ho imparato a cucinare il cinghiale in umido. Ho preso lezioni di cucina da Stefania Balducci di Pasta al Pesto. Da Giovanni Fabbri del Pastificio di Strada in Chianti ho imparato a fare la pasta fresca, mentre con Domenico a Greve in Chianti ho fatto i pici. Son tornato in questo periodo per le frittele di riso”.

Parli della tua esperienza nel Chianti con grande entusiasmo. Cosa ti ha affascinato di più della vita al castello?

“Amo tutto di Montefioralle. La cucina, il paesaggio e sopratutto le persone. Mi danno speranza. Ho avuto un’infanzia terribile e per gran parte della mia vita mi sono sentito un orfano, un bambino indesiderato, un problema. A Montefioralle mi sono sentito amato. Le persone mi hanno aperto il loro cuore e qui ho trovato la mia famiglia, la mia casa, un senso di appartenenza. Qui c’è la mia “Vita Bella” e sono diventato italiano!”.

Luisa Carretti

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