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E arriva Natale. Aveva perso il suo sapore, il suo piacere, la sua magia.

Il Natale era diventato per me il momento in cui Babbo Natale non si chiamasse Santa Claus o Saint Nicholas ma Mastercard.

Finché non sono diventato papà e allora il piacere della festa, del fare l’albero insieme, dell’addobbare casa, di preparare i biscotti per quel signore che fa tanta strada e viene dal “pollo nord” (definizione dei bambini della scuola di San Casciano, mitici! con cui abbiamo fatto insieme i biscotti “magici” per Babbo Batale, sì perché lui mangia solo i biscotti fatti dai bambini, e solo loro li possono fare magici…).

La famiglia e le sue tradizioni, così strattonate dalla modernità, basta pensare alla difficoltà di spiegare da dove entra Babbo Natale appunto, prima c’erano i caminetti ed adesso? Che gli dico che passa dal buco dell’areazione per il gas?

Pensate che la perdita del caminetto ha portato con se anche la perdita di una nostra grande e bella tradizione, il ceppo. Il ceppo è la parte terminale dell’albero che si irradia nel terreno con le sue radici e che tiene il fusto che si staglia in cielo.

Il ceppo era selezionato dal capofamiglia durante tutto l’anno ed il più bello e grande, asciugato con cura e poi arso durante la notte della vigilia, il suo rito è antico come l’uomo ed erano legate a lui leggende e riti propiziatori, il più diffuso sono le “monachine” ovvero le scintille che uscendo dal ceppo e salendo su per il camino andavano a benedire tutta l’area circostante.

Il ceppo simboleggia la famiglia, essendo la parte delle radici, del passato e degli avi che si congiungono con il presente e con il futuro, infatti il ceppo è proprio quella parte che tiene il passato sepolto nella terra, con il fusto che svetta verso l’infinito.

Questa tradizione mi ha affascinato perché oggi mi guardo intorno e ho l’impressione che abbiamo completamente dimenticato il nostro ceppo, siamo uomini e donne, troppo spesso senza radici, e quindi diveniamo legname, magari ottimo, ma non più alberi.

Per omaggiare il ceppo ho pensato di proporvi la ricetta che ci testimonia come sia entrato profondamente nelle nostre usanze e che adesso non ricordiamo più, il tronchetto di Natale.

Prepararo il biscotto con 140 gr di farina 00 , 120 gr di zucchero e 350 gr di uova intere (montare le uova con lo zucchero, quando ben montato aggiungere a pioggia la farina), avendo cura di lasciare un po’ di impasto da parte e renderlo scuro grazie all’aggiunta del cacao in polvere (20 gr), che utilizzeremo grazie all’ausilio dello specifico utensile, per preparare le venature del legno, quindi mettere in freezer e cospargere sopra l’impasto bianco e spatolare fino a livellare.

Cuocere in forno a 180° per 8 minuti. Nel frattempo scalderemo 100 gr. di panna, quando calda aggiungiamo 150 gr di gianduia e 300 gr. di castagne lessate e passate, mettere in frigo, quando fredda aggiungere 200 gr. di panna montata e lasciar riposare almeno un ora.

Montare quindi i tronchetti avendo cura di fare anche i rami laterali e guarnendo con del pungitopo o dell’agrifoglio. Avremo così il nostro Tronchetto di Natale di “Finto Legno” con Castagne e Gianduia.

Vi lascio con la mia letterina…

Caro Babbo Natale,

sono innanzitutto felice che ti chiami babbo e non papà, quindi anche tu sei di Firenze, come la besciamella, le crepes e le forchette, mentre la Befana penso sia Pisana.

Vorrei chiederti la pace in terra, ma mi sa che per il 2018 passo.

Invece ti chiedo ti poter portare in ogni casa dei grembiuli, grandi e piccoli e di donare alle famiglie un ora la settimana per cucinare insieme, cose semplici, biscotti, pizza, bruschette, ma che babbo, mamma e i cuccioli, chi si ama, chi ha tanti amici, trovi il tempo per spengere le connessioni e accendere la vita. La cucina, la tavola è il vero social.

Però caro Babbo, non è che poi ti trovi a Celebrity Master Chef!

Con Affetto Matia Buon Natale a tutti, anche ai Pisani!

Matia Barciulli, chef, coordinatore tecnico ristoranti Antinori, babbo di Brando

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