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In questi anni ho capito che c’è una cosa che accomuna tanti bravi professionisti, un accessorio, un involucro, il simbolo della nostra toscanità, la carta gialla.

Le botteghe di un tempo confezionavano i preziosi prodotti proprio in questa carta di paglia che oggi abbiamo ridotto a mero raccoglitore di unto di frittura.

Ma partiamo dal 1926 quando un signore proprietario di un pastificio, arrivato alla fine della sua carriera e senza eredi decise di vendere l’azienda a due dei suoi dipendenti, i fratelli Martelli.

Mi fa piacere ricordare questo evento poiché i fratelli erano orfani fin dai 4 anni, il proprietario del pastificio gli accordò di pagare piano piano nel tempo, perché credeva in loro e nelle loro potenzialità. Aveva ragione, saldarono il loro debito e oggi i loro eredi continuano a renderci felici.

Il pastifico tradizionale famiglia Martelli, è una realtà quasi incredibile, siamo a Lari, sulle colline Pisane e una famiglia produce i suoi quattro formati, i maccheroni, le penne classiche, gli spaghetti e gli spaghettini.

Il segreto della loro tenuta in cottura e consistenza, la lentissima essiccazione, 35° per 50 ore circa. Gli spaghetti si riconoscono subito proprio perché mantengono ancora la curvatura che gli ha permesso di rimanere perfetti fino alla nostra pentola.

Ma vi parlavo di rivoluzione, perché quella che ha permesso a questa famiglia di rimanere attiva è stata la lungimiranza di comprendere che dei 2000 pastifici dei primi del novecento, ne sarebbero rimasti ben pochi, infatti in Italia a oggi si contano non più di 150 aziende.

La loro idea? Una pasta fedele alla tradizione, un pacchetto che riportasse il colore tradizionale della pasta Toscana, il giallo, a differenza di quella del meridione caratterizzata dal blu e una scrittura che ricordasse quella dei bambini per ricordare che il produttore è “piccolo” ma solo in dimensione.

Io gli spaghetti del Martelli li mangio così: affetto sottile una cipollina fresca, quindi la faccio imbiondire con olio e santoreggia sfogliata, quindi un pochino di peperoncino e dei fagioli freschi sgranati, lessati ben brodosi.

Scolo gli spaghetti belli al dente e finisco la cottura nella salsa di fagioli a cui aggiungo ancora santoreggia e dell’olio a crudo. Ecco quindi gli spaghetti, santoreggia, fagioli sgranati e cipollina fresca.

Un piatto unico che vi risolve la cena in dieci minuti e ha gli stessi valori nutrizionali di una braciola. Viva la pasta e i pastai! Alla prossima.

Matia Barciulli, chef, coordinatore tecnico ristoranti Antinori, babbo di Brando

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