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Il nonno Dante è riuscito a infondere l’amore per la terra a figli e nipoti. Tanto che tutti insieme, a distanza di un anno dalla sua morte, hanno deciso di continuare sulle sue orme, dando vita alla Società Agricola Agrituristica “Bruscola” s.s. che si trova immersa in un ambiente di viti e olivi in via Pisignano 16, a San Casciano.

Gennaro Mori, ci racconta con un coinvolgente entusiasmo, la storia de “La Bruscola” e i suoi progetti: “La nostra famiglia proviene da San Pancrazio esattamente da Santa Cristina in Salivolpe e San Vito. Mia mamma, venuta a mancare sei anni fa, si chiamava Torellina, mio padre Dante. Mio padre l’ho sempre visto poco, perché partiva molto presto la mattina e rientrava tardi a casa”.

Che cosa faceva?

“Attività di contoterzista delle macchine agricole per la preparazione dei terreni per i cereali che andavano dal grano, al granturco ai semi minuti. Nel 1966 il babbo e la mamma decisero di lasciare la mezzadria acquistando l’azienda dove ci troviamo. E così, insieme, l’hanno gestita. Umanamente e fisicamente ci siamo così sentiti coinvolti io e mia sorella Marisa per tirare avanti la struttura. Nel frattempo io mi sono sposato con Gianna e abbiamo tre figli (Sara, Silvia e Stefano); mia sorella ha sposato Paolo e hanno due figlie, Irene ed Elena. Così ci siamo divisi i compiti, io e Paolo seguiamo la campagna, mentre mia moglie Gianna e Marisa seguono la parte dell’agriturismo con nove posti letto”.

I vostri figli hanno comunque preso strade diverse dall’agricoltura?

“Tutti hanno fatto la scelta che più gli piaceva, ma comunque ci stanno dando il loro un aiuto. Sara e Stefano hanno fatto un corso di sommelier di terzo livello, con molta passione. Dunque piano piano l’azienda si è formalizzata e strutturata con questi aiuti interni”.

Quanto terreno possiede “La Bruscola”?

“Sei ettari di terreno, di cui tre ettari di vigneto e tre ettari di oliveto. Lavoriamo circa centotrenta quintali di Chianti Classico e cento quintali tra IGT, Cabernet e bianco, mentre per quanto riguarda l’olio, abbiamo circa 1.250 piante di olivo e si oscilla tra i diciotto e i ventiquattro ettolitri di olio l’anno. Anche se l’obbiettivo è di arrivare a trenta”.

Non possiamo dimenticare però che una volta nelle nostre campagne si coltivava il grano, una fonte di vita indispensabile, che oggi però nei nostri campi non viene più seminato…

“Mio nonno Adolfo nel 1926 ebbe un diploma di “potino” che ancora conservo. Sapeva appena scrivere, aveva imparato andando alle serali dal prete, ma lavorava davvero con grande passione e amore la campagna. Il grano era la base della loro vita quotidiana, direi di più, era un capitale. Parlavano di conto grano, conto sacchi. Come dire, oggi c’è chi possiede un “gruzzolino” in banca, allora il “gruzzolino” era avere sacchi di grano in fattoria. Era la loro sicurezza per sfamare la famiglia che era composta da ben due generazioni che vivevano sotto lo stesso tetto! Per questo vorrei valorizzare il prodotto del grano facendolo conoscere alle nuove generazioni perché per anni è stato la vita per tantissime famiglie”.

E da qui, è nata anche l’idea di creare anche un museo all’interno de “La Bruscola”?

“Sì. Dopo la scomparsa del babbo abbiamo ritrovato tanti oggetti, strumenti da lavoro utilizzati nella nostra campagna. Così stiamo allestendo un piccolo museo. Ci sono i carri che una volta erano trainati dai buoi, il bollitore dell’acqua usato nella stalla ogni qualvolta nasceva un vitello, lo staccio per le fave e il favino, panieri, cose curiose come piccoli attrezzi utilizzati per piantare le viti, varie scale, tra queste quella in cui veniva appeso il maiale una volta morto. Un oggetto particolare veniva utilizzato dai ragazzi durante la trebbiatura, dove veniva steso il filo di ferro attorcigliandolo per poi essere utilizzato per legare le presse. Abbiamo anche la trebbiatrice usata dal babbo fino al 1995, ancora oggi funzionante. Tanto che in occasione di fiere e feste paesane ci viene richiesta per essere esposta, ma anche per dimostrare come funzionava. In più stiamo allestendo una saletta dove saranno proiettate foto e filmati del territorio”.

A proposito, l’azienda prende il nome da un oggetto che veniva utilizzato nei campi…

“Sì, è la bruscola, una specie di paniere fatto a mano che era utilizzato durante la raccolta delle olive. Messo a tracolla, all’interno vi si facevano cadere le olive, ed ecco il nome dell’azienda”.

Lei cerca di trasmettere tutto il suo amore per la campagna a figli e nipoti affinché quel filo un giorno non venga reciso.

“Ho cercato di mettere dei “semi”, probabilmente servirà a qualcuno dei nostri ragazzi per entrare nel gruppo aziendale creato e lasciato con tanto sacrificio. Senza forzature però, perché se la vita gli darà delle possibilità di lavoro migliori del lavoro della terra, va bene. Io però non dimentico le nostre origini e vado orgoglioso nel farle conoscere”.

Antonio Taddei