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Enologo appassionato. Sempre in giro per l’Italia, ha come base di partenza il Chianti Classico. Montefiridolfi. A Valentino Ciarla (www.valentinociarla.com) brillano gli occhi quando parla di vino.

E’ il suo mondo. E’ il suo elemento. Con lui parliamo del vino e del Chianti (Classico)… che verrà.

Valentino, innanzi tutto raccontaci come arrivi… in Chianti?

“In Chianti ci sono arrivato per studiare, visto che sono uno di quei (pochi) fortunati che hanno seguito i corsi universitari a Villa Montepaldi, a San Casciano. Dopo la laurea, il lavoro in Liguria e le esperienze a Stellenbosch in Sud Africa e a Saint Emilion in Francia, sono arrivato alla Marchesi Antinori. Che all’epoca (2002) era ancora nella vecchia sede a San Casciano. Per il primo anno facevo la spola da Certaldo, poi in Chianti sono venuto a vivere. E dopo un anno ancora, lasciata la Marchesi Antinori… in Chianti mi sono fermato a vivere”.

Il mondo del vino è stato da sempre il tuo mondo: come inizi?

“Inizio per… “forza”. Volevo fare tutto’ altro nella vita, ma avere una sorella e svariati cugini enologi (tutti ben occupati) ha fatto pensare ai miei genitori che fosse il caso di “suggerirmi” con decisione l’istituto Agrario. A dire il vero nelle vigne e nel vino ci sono nato, mio nonno produceva e commerciava vino nella zona di Roma, mio padre ha continuato ed anche ampliato il lavoro (vendendo prodotti e facendo consulenza ai produttori locali), ed ora guardandomi indietro mi viene da pensare che… il Dna non è un’opinione”.

Quale la tua formazione e quale la tua attività oggi?

“Per quanto riguarda la formazione scolastica, Istituto Agrario ad Ascoli Piceno, con Specializzazione in Viticoltura ed Enologia a Siena (VI° anno), poi Diploma Universitario, commutato in Laura triennale in Viticoltura ed Enologia alla Facoltà di Agraria di Firenze. Poi, per quanto riguarda la formazione “sul campo”, ho iniziato presto, a casa, e poi appena diciottenne in una cantina Svizzera. E continua tuttora. Oggi lavoro come enologo consulente per una serie di produttori (la maggior parte in Toscana e nel Chianti), prestando la mia assistenza durante tutto l’anno, in ogni fase della produzione e, ultimamente spesso, anche come supporto nel marketing  e nella comunicazione, in particolare delle piccole aziende”.

Come vedi il settore in generale? Quale il suo stato di salute?

“Domanda complessa, che ci facciamo ogni momento. Io credo che il vino da fuori luccichi più di quanto non sia davvero oro. Certo dobbiamo riconoscere che, rispetto ad altri settori, ed al resto dell’agricoltura, sopratutto in Toscana, ci siano ancora possibilità di “campare” col vino, ma in ogni caso risente della situazione economica generale (anche mondiale) e di tutti i meccanismi del sistema Italia”.

Dovessi indicarci i vini che secondo te hanno più futuro?

“Credo che le grandi denominazioni toscane, Brunello di Montalcino e Chianti Classico soprattutto, abbiano in ogni caso una tradizione che permette di guardare avanti. Poi, oltre ad essere una previsione è un desiderio, io punterei sui vitigni autoctoni (non solo per la Toscana) e su tutti gli aspetti che permettono di legare un vino al territorio che lo genera. Perché sono convinto che questo, su prodotti di qualità elevata, sia una carta unica da giocare su un mercato sempre più globale”.

Come vedi, infine, il Chianti Classico e i suoi vini?

“A me il Chianti Classico piace, come vino e come territorio, mi piace proprio tanto e credo che ci siano tutte le potenzialità per guardare al futuro con positività. Credo sia necessario, parlando di vino, pensare, come si sta facendo, ad una seria zonazione, in un territorio così vasto e variegato, una donazione che però non sia “divisione” tra zone e produttori, ma che piuttosto aiuti a valorizzare al meglio, tutti insieme, i tanti Chianti Classico… del Chianti Classico”.

Matteo Pucci

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