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Sulla collina tra Mercatale e la strada che porta a Montefiridolfi immersa nel silenzio della natura si trova l’azienda agricola I Greppi di Silli, il cui nome trae origine dal borgo di campagna denominato Silli e dal movimento a terrazze tipico della collina che in gergo è detto appunto “greppo”.

Abbiamo incontrato Michele Porcu, che lavora nell’azienda di famiglia, perché ci spiegasse come accanto alle tradizionali produzioni di olio e vino ci sia anche un’altra produzione, forse meno conosciuta, che raccoglie in sé tutta la passione ereditata dal nonno ma anche la spinta a sempre nuove sperimentazioni che lui ricerca ogni giorno: la produzione di miele.

“Tutto iniziò nel 1934 – ci racconta Michele – quando la famiglia di mio nonno da semplici mezzadri qui a Montefiridolfi riuscì a coronare il sogno di comprare un’azienda agricola, che al tempo pagarono 72.000 lire, per lasciare qualcosa ai propri figli. Qui poterono fare produzione di olio e di vino, sfruttando le zone meglio esposte, che permisero di lavorare, pagare i debiti e costruire negli anni ’50 la nuova casa”.

Nel tempo libero il nonno di Michele coltivava una passione, un hobby, quella delle api. “ Il nonno – dice Michele – aveva qualche cassetta di api sparse qua e là ma presto da semplice passatempo è riuscito a coinvolgere prima il mio zio e poi dopo anche me, soprattutto quando si concretizzò la possibilità di costruire un agriturismo”.

Fu infatti lo scambio di idee con i tanti ospiti stranieri, che giungevano qui per ammirare e godere delle bellezze e dei prodotti, che Michele cominciò a pensare ad un prodotto tutto suo che portasse in sé l’anima del territorio ma potesse anche essere commercializzato qui come all’estero.

“Nella produzione di miele – continua Michele – ho visto questa opportunità. Un prodotto nuovo tutto da costruire e con mio zio ci siamo aperti all’innovazione, a chi aveva già esperienza nel settore e qui a Firenze ci siamo affiliati ad Apitoscana che ci dà un aiuto per lavorare al meglio con le api, tenendo conto anche dei cambiamenti climatici, delle malattie e del mercato, tanto che l’apicoltura che pratico io è tanto diversa da quella che praticava mio nonno”.

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A piedi arriviamo di fronte ad una stazione, composta da tante casette tutte in fila, una per ciascuna famiglia. Ora le api sono in letargo a protezione dell’ape regina che a primavera darà il via ad una nuova stagione di produzione del miele.

“A primavera – ci spiega – le api vanno fuori e con un senso dell’orientamento incredibile si scambiano le informazioni su quale fiore andare a bottinare. Noi la chiamiamo la fonte nettifera, poi tornano alla casetta di appartenenza”.

Capiamo dalle parole di Michele, quanto questo lavoro sia fatto con passione e rispetto, uno scambio reciproco, in cui si raccoglie il miele in eccesso come un dono, senza mai privare le api di quello di cui hanno bisogno per la loro esistenza. Per questo sono assistite costantemente, specie nel periodo primaverile-estivo, per garantire l’armonia di tutto l’apiario.

Il nostro incontro termina a tavola dove gentilmente Ilaria, moglie di Michele, ci ha preparato una degustazione di tanti tipi di miele, perché, come lui ci spiega, “ la mia continua sperimentazione, mi ha portato a spostare le mie famiglie di api in altre zone della Toscana perché ho voluto allargare la mia produzione di miele”.

“Ho ottenuto così un’infinità di mieli diversi – racconta – a seconda dell’ambiente in cui sono posizionate, a seconda della stagione e dei fiori di cui vanno a bottinare il nettare. Questo mi ha permesso di offrire al cliente nono solo il miele di castagno, acacia e millefiori ma anche di ailanto, coriandolo, edera, erica e diversi altri”.

Ed è proprio una girandola di aromi e richiami diversi quella che abbiamo l’onore di assaggiare. Sono tutti buonissimi nella loro profonda differenza e non ci resta che ringraziare le api per questo “nettare degli Dei”.

Silvia Luis

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