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Oggi vi portiamo in un mondo di fiabe, dove si susseguono posti magici e dimenticati a grandi feste e a farci da cicerone sarà… Ted, un orsacchiotto che è diventato un divo (avete visto i due film con Mark Wahlberg?).

Questo mondo misterioso lo ha creato Marco Cappelletti, 50 anni,  panzanese da generazioni, meccanico da sempre ma amante della fotografia e del territorio in cui vive.

“Ha iniziato a fotografare circa 4 anni fa – inizia il suo racconto… Ted – è cominciato tutto per caso. Da piccolo gli piaceva molto dipingere, e per affrontare un periodo difficile della sua vita, ha pensato di riprendere i pennelli in mano. Lo vidi uscire di casa con la macchina fotografica, credo volesse fotografare qualcosa da riportare su tela”.

“La sera – prosegue Ted –  mentre lo guardavo da sopra il mobile, che controllava le fotografie fatte, mi resi conto che stava succedendo qualcosa di magico, si stava innamorando. Da quel giorno non è più uscito senza la macchina fotografica. E’ diventata una sua fedele amica di avventure”.

“Non riesco a descrivere esattamente cosa mi spinge a fotografare – prende la parola Marco – forse la voglia di comunicare con gli altri, il desiderio di esprimersi, forse un po’ di esibizionismo. Soprattutto sono rimasto colpito dal fatto che prima di scattare bisogna guardare attentamente, la fotografia ti costringe a studiare e pensare a quello che vedi e come lo vuoi far risaltare nella tua immagine. Riesce a farti apprezzare in modo diverso dal semplice guardare, il mondo che ti circonda”.

“Quando ho iniziato – prosegue Marco –  partivo sempre con l’idea di fare una bella fotografia, ma poi mi sono reso conto che è più importante riuscire a far percepire, ciò che si vuole comunicare. Ogni fotografia generalmente viene apprezzata in modo differente, si interpreta la fotografia di un altro attraverso il proprio vissuto personale, ciò lascia un’apertura mentale immensa sulle immagini, per questo diventa ancora più importante la comunicazione, dell’estetica”.

“In questi anni – racconta Marco –  grazie alla fotografia sono riuscito a scoprire una dimensione diversa dalla realtà quotidiana. Il lavoro fatto per San Piero a Sillano è stato il progetto fotografico più intenso per me. La possibilità di stare solo dentro a quelle sale diroccate, pregne di storia mi ha cambiato, mi ha dato la spinta e la voglia di scoprire di più sul mio territorio. Infatti ho iniziato a camminare tanto per queste valli e colline, sono riuscito a riscoprire luoghi ed edifici dimenticati, che avrebbero un valore storico e culturale importantissimo”.

“Oltre San Piero a Sillano – Marco ci parla delle sue mostre – dove ho esposto con bravissimi fotografi avevo fatto una mostra sulle “Vigne” e dopo una dal titolo “Buon vino fa Buon Sangue”, dove volevo raccontare il rapporto storico e umano che il prodotto principe di questi territori crea e di cui siamo famosi in tutto il mondo”.

“L’altro Chianti” è il mio miglior lavoro – irrompe Ted nella discussione – grazie alla mia interpretazione abbiamo raggiunto lo scopo di trasformare uno dei territori più conosciuti, in un mondo di fantasia e mistero. Mi sono divertito tanto, abbiamo visitato luoghi dimenticati ma di una bellezza disarmante. Per esempio i corsi d’acqua, i ruderi delle molte opere idrauliche che erano utilizzate nei primi del 900, i vecchi sentieri o le mulattiere ormai quasi sparite”.

“Questi sono i lavori in cui ho esposto delle mie fotografie – riprende la parola Marco – adesso ho deciso di impegnarmi nella salvaguardia dell’identità del nostro territorio. Il Chianti è stato mercificato troppo dove poteva rendere ed è stato abbandonato, dove era più complicato guadagnarci. Spesso sono stati dimenticati pezzi della storia di questo territorio, situazioni senza le quali non saremmo mai arrivati dove siamo ora”.

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