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Quella del 2017 è stata una delle vendemmie che più hanno risentito del mutamento climatico degli ultimi anni.
Il risultato è che la produzione di vino in Toscana è scesa a 1 milione 600 mila ettolitri, 1 milione in meno rispetto all’anno precedente, con una flessione del 38%, mentre a livello nazionale Ismea e Unione italiana dei vini stimano una flessione del 26% rispetto al 2016.
Sono dati del rapporto Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) presentato in occasione della giornata inaugurale delle anteprime di Toscana 2018.
Più in dettaglio, la vendemmia 2017 ha portato in cantina circa 2 milioni 300 mila quintali di uve, che hanno prodotto 1 milione 167 mila ettolitri di vino Dop e 391 mila ettolitri di vino Igp.
Il patrimonio ampelografico regionale è alla base dei 58 riconoscimenti tra Dop e Igp. Delle 52 Dop, per inciso, ben 11 sono Docg e le altre 41 Doc, mentre 6 sono le Igp.
Nonostante questo elevato numero di riconoscimenti, i punti di riferimento dimensionali rimangono il Chianti e il Chianti Classico, rispettivamente con il 44 e il 21 per cento della superficie. Il Brunello e il Nobile seguono a molta distanza con il 6 e il 4 per cento. Per quanto riguarda le Igp, sono stati oltre 12 mila gli ettari interessati nel 2017, con la quasi totalità della produzione afferente all’Igp Toscana.
Il valore ex fabrica generato dalla filiera dei vini Dop e Igp imbottigliati toscani è stimata nell’ordine del miliardo di euro, circa 850 milioni di euro per i Dop cui si aggiungono 148 milioni per le Igp, pari al 12% sul totale di 8 miliardi 200 milioni di euro stimato da Ismea per l’Italia.
Nonostante Stati Uniti e Germania si confermino i due principali Paesi di destinazione e insieme rappresentino oltre il 50% del mercato toscano delle Dop, si rileva un graduale spostamento dei flussi dai tradizionali e già consolidati mercati verso quelli più piccoli, geograficamente distanti ma in grande crescita.
Nello specifico, le prime cinque destinazioni per rilevanza in valore nel 2016 hanno perso il 5% del mercato e nel 2017 sono rimaste stabili, mentre le restanti destinazioni sono cresciute del 2% nel 2016 e del 3% nel 2017.
In particolare, la battuta d’arresto si è registrata in tutti i principali Paesi clienti ad eccezione del Regno Unito e della Russia che ha fatto registrare una decisa crescita della domanda. Anche le esportazioni verso il Canada e la Svizzera sono aumentate.
Un’ulteriore evidenza che emerge dall’analisi, riguarda il posizionamento e le quote di mercato nelle destinazioni più tradizionali. Queste non rappresentano affatto una tranquilla garanzia, ma influenzate da fattori di mercato, nonché da meno controllabili elementi di geopolitica, richiedono presidio, attenzione e continui sforzi commerciali nonostante la solidità e notorietà di marchi di cui la vitivinicoltura toscana può ampiamente vantare.
Una sistemica analisi dei valori di vendita sui mercati esteri evidenzia che, a fronte di un valore medio complessivo cresciuto del 5% negli ultimi tre anni, le performance migliori per i vini toscani sono quelle ottenute fuori dai confini comunitari dove il “prezzo” medio di vendita è cresciuto del 7%, a fronte di una stabilità del mercato interno all’Unione Europea.