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Il dolce fatto in casa è una profumata accoglienza, un gesto di affetto per le persone a cui si vuole bene e con le quali è un piacere condividere un momento spensierato e gustoso fra le mura di casa: per concludere in bellezza una cena, per una merenda ghiotta, quando si hanno in visita amici o parenti o anche come colazione sana e buona al risveglio.

Non a caso questi dolci sono quasi sempre creati da amorevoli, rugose e sapienti mani femminili elaborando ingredienti semplici e poveri stipati nella dispensa di casa – lo zucchero, il lievito, la cioccolata, il miele, la marmellata – quella che tutti noi da bambini abbiamo tentato di saccheggiare allungando le mani, precari in punta di piedi su di un traballante sgabello in legno.

La preparazione di questi dolci è una fotografia dai contorni screpolati e i colori un po’ ingialliti che si imprime per sempre nel cuore di chi ha la fortuna di assistere a questo magico momento: la spianatoia in legno solcata dall’usura dove si modella la pasta, il vulcano di farina con le uova al centro, il mattarello infarinato, la latta col beccuccio colma di latte, il mestolo di legno, lo zucchero a velo, la frusta, la tortiera imburrata, il forno caldo.

Ricordo noi bambini a rimestare coi nostri cucchiaini – come spadaccini in tenzone fra di loro – quel poco che rimaneva nella ciotola del dolciastro composto migrato nello stampo a cuocere e a irrorare di dolcezza la casa e i suoi abitanti.

Nella nostra Toscana uno dei dolci fatti in casa più diffuso è il ciambellone, che gioca sulla sempiterna presenza in ogni cucina di casa di un po’ di farina, il latte, del burro e delle uova, oltre allo zucchero.

Ogni famiglia ha la ricetta del suo ciambellone: chi con la crosticina di pinoli, chi con le noci, o le mele e l’uvetta, chi “senza niente” da inzuppare nel latte, chi con un po’ di cioccolato per renderlo ancora più amato dai bambini.

Un dolce povero, realizzato con quello che si ha nelle dispense, caratteristico per i profumi che sprigiona in cottura che pervadono ogni stanza e riconoscibilissimi fin dal primo ingresso in casa

I bianchi delle uova, gli albumi, non utilizzati nell’impasto del ciambellone, per non buttare via niente, vengono subito montati a neve per fare le “poppe di monaca”, come sono chiamate le meringhe in Toscana.

La casa dei miei nonni accoglieva sempre ogni ospite, i parenti la domenica, gli amici in visita, con un ciambellone – nello specifico un ciambellone con una deliziosa crosticina di zucchero glassato su cui s’incastonavano dei pinoli tostati, che avevo accuratamente raccolto dalle pigne nella pineta vicino casa, impiastrandomi le mani di nero e resina, proprio con l’idea di far fare il dolce alla nonna! – servito insieme a delle meringhe.

Come accompagnamento, un bicchierino di Vin Santo che doveva essere assaggiato una prima volta, gustato una seconda, meglio ancora bevuto almeno anche una terza altrimenti pareva quasi che il fortunato ospite volesse rifiutare lo stretto abbraccio profumato di miele, zucchero e pinoli della casa in cui si era entrati.

“Inzuppaci due o tre di questi! Ti aiuta a tirare giù il Vin Santo e così ne prendi un altro bicchierino” – asseriva stentoreo il mio vecchio zio all’astante in visita dalla città ormai già barcollante – porgendo, terzi dopo ciambellone e meringhe, una ciotola stracolma di biscottini secchi con delle mandorle nell’impasto, i famosi cantuccini.

Nel frattempo, la zia completava l’opera, obbligando l’ospite, ormai accasciato poco lucido sulla poltrona di tessuto, a fermarsi per la cena: “Suvvia – ho già buttato le paste: si fa una cosa veloce, c’ho il sugo pronto fatto stamani”.

I miei zii vivevano in un paese vicino a un castagneto. In casa non mancava mai neanche la farina di castagne, macinata al vicino mulino, e altri due dolci, soprattutto autunnali, erano il castagnaccio e le frittelline di castagne, buonissime con la ricotta fresca spalmata sopra.

a febbraio arrivava il Carnevale, per me la scusa per pretendere dalla nonna due tradizionali fritture dolci tipiche di questa festa: i cenci (una pasta dolce fine fritta coperta di zucchero) e le frittelle di riso.

Ne ero ghiottissimo – così come i miei amici che mi venivano a trovare apposta – e li pretendevo continuamente, soprattutto i cenci: “Questa volta ti faccio la schiacciata alla fiorentina che ti fa meglio”, mi diceva la nonna.

La schiacciata alla fiorentina è un altro grande dolce invernale della case fiorentine. “Va bene”, rispondevo fintamente sconsolato: “Ma ripiena con la panna montata come si fa a Firenze, eh!”.

Francesco Sorelli – Il Bisarno Oltre la Sieve

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