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E la stampa di settore, quale opinione si sta facendo della possibile zonazione del Chianti Classico? Una delle voci più importanti nella nostra regione è senza dubbio quella di Aldo Fiordelli.

Critico gastronomico, scrive per l’Espresso del quale è curatore in Toscana della Guida I Ristoranti d’Italia e collaboratore della guida ai vini.

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Fiordelli, reduci dalla Chianti Classico Collection è iniziato il dibattito sulla zonazione. Lei che ne pensa?

“Credo sia un segno di grande maturità di una regione tra le prime in Italia a puntare sulla produzione di vini di qualità. La zonazione può alzare il livello qualitativo già alto della denominazione: una più approfondita conoscenza di suolo e di clima può aiutare i produttori meno impegnati da un punto di vista sia agronomico sia enologico a fare vini migliori. In termini di immagine può rappresentare un marketing formidabile per un territorio come il Chianti Classico”.

Il marchese Antinori si è espresso a favore, il Consorzio del Chianti Classico apre al confronto con i suoi soci. I tempi sono maturi?

“In Consorzio se ne parla da molto tempo e la “Gran Selezione” quando viene dalla vigna è già un tentativo di andare in quella direzione. Il marchese Antinori si è espresso a favore della zonazione già… quando iniziò a produrre il Tignanello. Battute a parte, credo che la sua dichiarazione pesi non solo perché viene da uno dei protagonisti del vino toscano, ma anche perché non si sarebbe mai espresso troppo in anticipo. Quindi non solo i tempo sono maturi, ma secondo me la macchina è già in moto”.

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Come vede oggi, sul mercato, il Chianti Classico. E la zonazione potrà rappresentare un plus? Oppure sarà solo un “orpello” da etichetta?

“Per quanto riguarda il Chianti classico sul mercato credo che vengano prodotti ottimi vini, puliti, freschi, fruttati, che vanno nella direzione di rossi meno estratti diffusa in tutto il mondo. Ma lo sapete che il Malbec argentino, una volta concentrato e col 100% di legno nuovo piccolo, oggi viene prodotto anche più leggero? E la moda del Porto pink? Tuttavia il Chianti Classico di oggi, ma come di ieri, è molto più longevo di quanto la stampa estera sia disposta a riconoscere. Se la zonazione aiutasse a dare una maggiore immagine di vino di terroir da lungo invecchiamento, i produttori potrebbero giocarsi le carte di una “premiumization” che è alla portata e che tutti nel mondo stanno cercando”.

Considera il territorio della denominazione adeguatamente diversificato per giustificare questa ipotesi?

“Non c’è dubbio. Bordeaux è lunga 60 chilometri, il Chianti classico 80. Non consideriamo forse Bordeaux sia St Estephe sia le Graves? E non sono forse diversissimi in termini di aromi, tannino e stile? Così dovremmo fare tra la Berardenga e Lamole”.

In questi giorni molti hanno criticato la scelta del Consorzio Vino Chianti di aumentare nel disciplinare il residuo zuccherino, dando la possibilità di fare vini che vadano incontro a gusti più internazionali. Il Chianti Classico come lo valuta in quanto ad autenticità?

“La scelta del Vino Chianti è una scelta a breve termine, vedremo il risultato. Ma il Chianti Classico ha bisogno del Chianti per arrivare nel mondo con una potenza commerciale maggiore. I prodotti “italian sounding” nascono proprio per questo e non sempre danneggiano i nostri, in parte li spingono anche. Detto questo, è sempre più indispensabile distinguere tra i due e la zonazione potrebbe servire a rafforzare una tipicità, soprattutto nella annate migliori, più raffinata di quella di oggi o di quella rimasta del Chianti”.

Matteo Pucci

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