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“Non credo che possa essere la zonazione a risolvere i problemi di identità del Chianti Classico“.
A esprimere i suoi dubbi sull’idea di identificare le bottiglie di vino con le aree di produzione è Francesco Gioffreda, proprietario di Borgo Casa al Vento, azienda agricola sulle colline di Gaiole in Chianti, nei pressi del borgo di Barbischio.
“Il mio – spiega Gioffreda – è il punto di vista del piccolo produttore. E come me siamo in tanti all’interno del Consorzio del Chianti Classico”.
Poi preme il tasto dolente: “Quando si parla di Chianti Classico – sottolinea Gioffreda – ci si trova ancora e sempre di più di fronte a un imbarazzante problema di cattiva informazione. Troppo pochi sono ancora i consumatori che riconoscono la differenza tra Chianti Classico e Chianti”.
“Soprattutto – rimarca introducendo un tema a lui particolarmente caro – troppo marcata è la distanza che c’è tra piccoli e grandi produttori. E ancora più grave è la sovrapposizione tra imbottigliatori e produttori. Insomma, siamo in troppi e troppo diversi a convivere sotto lo stesso cappello. E chi ne soffre di questa convivenza se non i piccoli produttori?”.
Da qui quella che lui stessa definisce “la mia provocazione”, ovvero la proposta “di creare un Consorzio del Chianti Classico limitato agli artigiani del vino. Diamoci un tetto massimo di ettari (direi 15 ettari) e lasciamo che i grandi produttori godano della loro già indiscussa fama e popolarità”.
“Siamo noi piccoli – rivendica – ad avere bisogno di un Consorzio. E se un Consorzio può avere un significato di promozione questo deve essere rivolto a chi ha bisogno di farsi conoscere e non a chi è già conosciuto. Altrimenti l’ombra lunga dei grandi produttori, anche a livello di politiche di prezzo, continuerà ad oscurare i piccoli”.
“Questo – conclude Gioffreda – è il male che affligge il Consorzio. Non è con la zonazione ma con la creazione di un “artigianato” che, forse, si potrà trovare la retta via”.
Matteo Pucci
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