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La Toscana, come il resto del Paese, ha risentito dell’annata particolarmente negativa per le produzioni agricole e nello specifico per la produzione di miele a causa della prolungata siccità, registrata fin dall’inverno 2016-2017, accompagnata da altri fenomeni caratteristici dei cambiamenti climatici che, in maniera sempre più evidente, hanno un impatto negativo sulle api e sugli alveari.

La Toscana (e il Chianti in questo senso sta facendo notevoli passi) si conferma comunque regione ad alta vocazione per l’apicoltura: nel censimento 2017 risulta che 3.050 apicoltori hanno dichiarato 93.524 alveari, ovvero hanno prodotto miele. Infatti, gli apicoltori registrati all’anagrafe apistica toscana sono 4.732, ma non è detto che ciascuno di essi, ogni anno, si iscriva al censimento nazionale, obbligatorio solo in caso di produzione di miele.

Gli alveari presenti nel territorio toscano sono per il 59% alveari nomadi (ovvero alveari che si spostano in funzione dell’andamento stagionale delle fioriture), per il 21 % sono stanziali e per il 20% sono alveari per autoconsumo (produzione per uso personale o hobby, ma non per la vendita a terzi; è importante che anche questi siano conosciuti ed iscritti all’anagrafe regionale per ragioni sanitarie e tutela di tutto il patrimonio apistico).

Le province con più alta presenza di alveari sono Lucca, con il 18%, seguita da Firenze 16% e Arezzo 13 %.

L’annata 2017 è andata male soprattutto per il miele di acacia, grande assente in tutta la penisola per il secondo anno di fila, e per i raccolti primaverili.

Anche i primi mesi del 2018, a causa delle gelate invernali di febbraio-marzo che hanno compromesso le fioriture, hanno messo a dura prova lo sviluppo di nuove famiglie.

Permane dunque la preoccupazione per la tenuta del tessuto produttivo apistico per l’aumento dei costi, in rapporto al raccolto ottenuto e in specifico per il ricorso all’alimentazione prolungata delle famiglie.

Con le modifiche alla legge sull’apicoltura (21/2009)si cerca di incidere semplificando le procedure amministrative per l’inizio e lo svolgimento dell’attività di apicoltura; delimitare la soglia dell’attività di autoconsumo, prevedendo il limite massimo di 10 arnie; garantire una maggiore tutela delle api e degli insetti pronubi, la cui presenza è fondamentale per l’equilibrio dell’ecosistema, rivedendo anche la norma relativa al divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari che possano essere dannosi nei periodi di fioritura.

La Toscana interviene così nel settore dell’apicoltura con misure per migliorare le condizioni della produzione e della commercializzazione dei prodotti dell’apicoltura con i fondi assegnati dal Mipaf: nel 2017 circa 420mila euro.

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