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Donna. Enologa. Con una passione sconfinata per il Sangiovese e il Chianti Classico. Per Angela Fronti, enologa e titolare della cantine di Istine, a Radda in Chianti, sono giorni pieni di elettricità.

Perché in una delle patrie mondiali del Sangiovese, durante Benvenuto Brunello, Angela è stata premiata come vincitrice del Premio Gambelli 2018, la settima edizione del riconoscimento intitolato a Giulio Gambelli organizzato da ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana) ed IGP (blog network “I Giovani Promettenti”).

Un trionfo che vale la pena di ripercorrere, ma anche di utilizzare come momento di riflessione. Ne nasce una bella chiacchierata su WeChianti.

Angela, cosa vuol dire per te vincere il Premio Gambelli?

“Una bellissima soddisfazione. Ho scoperto Gambelli ancora prima di iscrivermi all’università grazie ai racconti di amici e ai vini delle aziende che seguiva. E’ stato per me di grande ispirazione. Perciò credo che ogni partecipante alla competizione sarebbe stato felicissimo di aver vinto ma per me c’era anche una sorta di affetto nei confronti di Giulio Gambelli”.

Lo senti più come un onore? Una responsabilità da onorare? Un punto di arrivo? Di partenza?

“Sicuramente un onore e il segno che nel gestire vigne e vasche sto perseguendo il mio obiettivo nella giusta direzione. Certamente non un punto di arrivo, mai fermarsi e sentirsi arrivati. Ho sempre voglia di imparare, quindi di crescere e penso al futuro con la voglia di approfondire e migliorarsi”.

Quanto è importante il territorio di Radda in Chianti per la tua identità professionale?

“Moltissimo, le mie radici appartengono a Radda. Tuttavia prima di dedicarmi all’attività di famiglia penso sia stato importante aver lavorato e fatto esperienza al di fuori di questo territorio. Mi fossi laureata e avessi cominciato subito da qui, forse non avrei compreso la difficoltà e bellezza di questo territorio. L’avrei dato per scontato e forse mi sarei sentita meno ancorata di quanto mi ci senta adesso”.

Si può dire che, anche alla luce della buona armonia che regna fra i produttori raddensi, il tuo premio rappresenta anche un premio al modo di fare vino “alla raddese”?

“Non so se esiste un modo di fare vino alla raddese. Vero è che siamo un gruppo di vignaioli che ha come obiettivo la qualità e l’espressione del territorio attraverso il nostro Sangiovese. Ognuno di noi poi mette la propria identità e passione in quello che fa. A parte qualche piccola eccezione siamo quasi tutti biologici. Collaboriamo, ci diamo una mano per migliorarci esprimendo questo territorio, dove abbiamo di media a 500 mt di altitudine, suoli impervi, alberese e galestro, boschi… . I nostri vini hanno caratteristiche comuni a partire dall’acidità, freschezza, eleganza, quindi sì, sono riconoscibili. Spero che questo premio venga condiviso da tutti i raddesi e che sia una motivazione in più per i giovani a fare questo lavoro”.

Quale lo stato d’animo che ti senti addosso quando pensi al tuo lavoro?

“Ci sono dei momenti in cui fisicamente sono davvero stanchissima e penso di non farcela, non riesco a fare niente senza impegnarmi al massimo, ma è un lavoro bellissimo, che mi appassiona e potrei fare solo questo nella mia vita”.

C’è un vino ideale per te?
“Ci sono molti vini ideali per me. Tutti quelli che esprimono il proprio territorio e l’annata. Dal Piemonte alla Basilicata”.

E un vino che ancora non hai fatto ma che vorresti fare?

“Ogni nuova vendemmia è una nuova sfida!”.

Matteo Pucci

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