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Lavorare il ferro non è affatto facile, ma riuscire a farlo con maestria ed eleganza è ancora più complicato.

Graziano Lardori, di Castellina in Chianti, appartiene a una generazione di fabbri antichissima, che da secoli e secoli è a “tu per tu” con l’arte del ferro.

Qualcuno oserebbe dire che ha delle mani d’oro, ma anche i più scettici verranno immediatamente smentiti vedendo i suoi capolavori. È indiscutibilmente un artista talentuoso.

“La dinastia dei Lardori – ci racconta Graziano – inizia con Pipino Lardori che stava a Barbischio. Aveva ben due stemmi: uno nobiliare e l’altro ecclesiastico. Le tracce di questa famiglia si perdono e si ritrovano nel 1620 a Castellina, dove un Lardori faceva il fabbro nella Fattoria “La Castellina” a quell’epoca di proprietà di un fiorentino. È il 1743 quando a Manfrasca ci sono ben 5 botteghe di fabbri tutti della famiglia Lardori”.

“Infatti in quel periodo – ci dice Graziano – furono costruite le case Leopoldine volute dal Duca Leopoldo. Abitazioni con sotto la bottega”.

“Poi da lì – prosegue Graziano – si ritorna a quando ero un bambino. In bottega ci lavorava il mio babbo, il mi nonno, il mio fratello, i miei zii Corrado e Lodovico e i mei cugini. Io iniziai a lavorarci nel 1953, quando avevo appena tredici anni. Ero un ragazzo di bottega. Dovevo schiacciare il carbone. Prima il fabbro si occupava di agricoltura, cioè riparava macchine agricole come cottri e erpici. Dal 1954 le campagne iniziarono a spopolarsi e la richiesta diminuì notevolmente. Così andai a lavorare dal Niccolai; ho fatto il meccanico per ben dieci anni”.

“Di lavoro ce ne era poco e mangiare bisognava mangiare – esclama Graziano – Il mio babbo e il mio nonno, invece portarono avanti la bottega. Ferravano i buoi. Avevano due travaglie: una qui a Castellina e una a Lilliano. Infatti, a quell’epoca a Lilliano c’erano ben 42 poderi”.

“Quando morì il mio babbo – ricorda – io tornai in bottega con mio fratello e lo zio Dino. Lo stesso anno, con l’arrivo della signora Scotoni, le campagne furono popolate da turisti stranieri che comprarono le case e dovevano rimetterle. Di bottega però ce ne era rimasta solo una. Si aveva tre stanze, due nostre ed una in affitto. Si iniziò così a fare lavori metalmeccanici come porte, portoni, cancelli, ringhiere. All’età di ventisette anni feci il mio primo lavoro in ferro battuto a un Lord inglese. Gli costruii ben sette diavoli cioè statuette che venivano messe all’esterno per adornare la sua dimora”.

Tempi eroici: “Il ferro lo compravamo a Siena, dalla ferramenta Bazzani. Andavamo con la Sita; poi si metteva tutto sul carretto, si trascinava alla rimessa dei pullman e si caricava sopra il bus. Dal Falassi, si acquistava invece la lamiera e le vernici. Successivamente si comprò l’ape. Allora a Siena s’andava con quella. Oppure altre volte c’era Mauro Mori, che faceva il camionista. Era lui a portarcela”.

“Il secondo lavoro più importante che feci – i ricordi si accavallano – furono dei copriradiatori fatti con la tecnica del Trecento, tutto bollito a fuoco senza saldature. Erano per un signore che abitava al Molin Nuovo, uno scrittore famoso. Noi si chiamava “Sigarone” perché aveva sempre un sigaro in bocca. Sa, i nomi stranieri non ci riusciva dirli; così si ribattezzavano tutti. Me le fece addirittura cospargere di sale e mettere sottoterra per circa tre mesi. Li voleva far invecchiare. Venne un vero e proprio capolavoro”.

“Il lavoro dell’artigiano si impara guardando – ci dice Graziano – Bisogna metterci impegno e avere anche predisposizione. Mica tutti sono tagliati per fare questo mestiere. Io al ferro gli do del tu. Non ho mai detto, questa cosa non mi riesce! Ci ho sempre provato”.

Poi riprende il racconto: “Poiché molti artigiani di Castellina si lamentavano perché all’interno delle loro botteghe non avevano sufficientemente spazio per lavorare, venne avanzata l’idea di costruire una zona artigianale. Dopo 12 anni venne finalmente realizzata e mi ricordo che il primo capannone lo feci io. È proprio lì dove ora c’è il Tatini. Poi però, con la morte di mio fratello, con due ragazzi, mio figlio Alessio e mio nipote Gianni che avevano appena iniziato a fare questo mestiere, decisi di vendere tutto e tornare alla bottega sotto casa”.

Storie di vita: “Siamo andati a Firenze, a Genova, sul Lago Trasimeno, a Livorno, a Radda, Poggibonsi, Colle. Molti lavori si sono realizzati anche per il comune di Castellina in Chianti, come le insegne, gli stemmi, le bacheche. Tanta roba l’abbiamo mandata anche in America, a Boston”.

“Una famiglia americana proprietaria di Tramonti – ci spiega Graziano – ogni anno ci ordinava candelieri, lanterne, tutta roba di piccole dimensioni. Anche un turista francese ci commissionò alcuni lavoretti come una ventarola con un gallo. Ogni anno tornava con qualche nuova richiesta”.

“Come hobby – conclude Graziano – ho lavorato e ancora lavoro il legno. Fin da piccolo sono sempre stato appassionato di modellismo. Nel 1973 ho costruito la Santa Maria, poi diversi velieri, l’Amerigo Vespucci, la Bismark, il Duomo di Firenze e anche Castellina vecchia. Tutta realizzata in rame”.

Jessica Nardi

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