Articolo disponibile anche in: Inglese

Ogni tanto, sebbene siano passati settantatré anni dalla fine della seconda guerra mondiale, si scoprono storie che mai prima d’ora erano state raccontate.

O perlomeno erano rimaste solo nei ricordi di chi le ha vissute in prima persona. Tutto è nato da un racconto di un passaggio sotterraneo usato per scappare da una villa di Argiano, a San Casciano.

“Non so se corrisponde al vero – precisa Alessandra Matteuzzi – ma ho sempre sentito dire che dalla Villa Panerai esisteva un passaggio che corrispondeva su via Empolese, all’altezza delle scuole elementari. Era chiuso da una grossa pietra per impedire che i ragazzini vi entrassero dentro”.

Abbiamo provato a cercare questo passaggio e, grazie ai racconti dei più anziani del posto, siamo riusciti a individuare un’apertura chiusa da delle assi lungo una via sterrata, a pochi passi da Villa Panerai.

Abbiamo chiesto ai proprietari del terreno se gentilmente ci consentivano di aprire il passaggio per capire se si trattava davvero di una via di “fuga” utilizzata in tempo di guerra. Così, armati di torcia e casco, ci siamo avventurati all’interno.

IL NOSTRO VIAGGIO SOTTO TERRA

Discesi pochi scalini ecco un lungo corridoio stretto, costruito in mattoni a volta alta, che si dirama in direzione via Empolese. Sulle pareti ogni tanto si trovano delle piccole buche ad altezza uomo scavate tra i mattoni, probabilmente servivano per inserire dei lumi per fare luce.

Il corridoio gira alcune volte per poi fermarsi davanti a un muro, si nota bene che è stato appositamente chiuso con dei mattoni. Il passaggio termina qui, è stato chiuso dopo guerra.

alessandrolorenzomattia26.7.2017_Ad assistere da fuori e attendere il nostro ritorno in superfice, tre giovani ragazzi, Alessandro, Lorenzo e Mattia, curiosi di sapere cosa avevamo trovato nel misterioso passaggio.

C’è anche un anziano signore che ci racconta che nelle cantine della villa Panerai vi trovarono rifugio molti sfollati di San Casciano. E ci fa anche dei nomi di persone ancora in vita.

Proviamo ad andare nella villa. Questa oggi è divisa ed è di più proprietari, la famiglia che possiede le cantine ci racconta: “Sì, abbiamo sentito da chi ci ha abitato che nella parte delle cantine vi hanno trovato rifugio tante famiglie, erano molto grandi, e con una sorte di tunnel scavato nel terreno che andava a finire nel campo che guarda San Casciano”.

“Purtroppo – spiegano – siamo stati costretti a chiuderle, abbiamo murato la porta perché avevamo paura che entrassero gli animali. Una volta ci trovammo un bellissimo esemplare di scoiattolo bianco. Sa, fino a che si tratta di scoiattoli va bene, il problema era che dalla cantina arrivassero fino in casa altri animali, così prendemmo la decisione di murare la porta”.

INCONTRO CON I TESTIMONI DI ALLORA

Dopo ulteriori ricerche, abbiamo finalmente trovato due importanti testimoni. Sono Giorgio Casini e sua sorella Franca, i cui genitori erano i contadini di villa Panerai.

“Siamo nati lì – ci racconta Franca – io avevo nove anni quando passò la guerra”. Si ricorda allora dei rifugi nella villa? “Certo, erano due, nella cantina e sotto il prato della villa. Dall’altra parte c’era un passaggio che era utilizzato dai signori per scappare (quello che abbiamo percorso e documentato noi). Ricordo che assieme a noi vi erano anche dei soldati tedeschi, in un primo momento ci requisirono la nostra camera poi anche loro si rifugiarono con noi in cantina quando iniziarono i bombardamenti su San Casciano”.

I ricordi fluiscono: “La mia mamma e la mia zia, la notte prima della liberazione si misero dietro la porta della cantina, dove eravamo tutte donne, pigiando la porta per paura che entrassero i tedeschi. Fu una signora delle più anziane ad accompagnareli alla porta d’uscita della villa facendogli luce con un lume, consentendogli di scappare. Gli Alleati ormai erano vicini”.

argianovillapanerai27.7.2017_2IL BAMBINO CHE DIFESE IL BABBO DAI NAZISTI

Dunque i tedeschi non fecero del male a nessuno? “Ci fu un episodio che solo per un miracolo non costò la vita a un bambino della mia età. Si chiamava Aldo Peruzzi, era il figlio del fattore della villa, volevano ucciderlo perché impedì che i tedeschi portassero via il suo babbo, ci mancò davvero poco!”.

“Ricordo bene dell’episodio – prosegue Giorgio, che all’epoca era un quindicenne – I tedeschi nel momento di andare via volevano portate con loro anche il fattore, il bambino (Aldo Peruzzi) si attaccò ai pantaloni del tedesco piangendo e gridando “No, il babbo no!”. Probabilmente il soldato, che per giorni aveva anche giocato con Aldo, forse aveva un bambino in Germania. Probabilmente s’intenerì e alla fine lasciarono andare il fattore”.

Quanti erano i tedeschi? “Se non sbaglio cinque o sei, quando s’impossessarono della nostra camera ricordo che piazzarono una mitragliatrice alla finestra che guardava la vallata del fiume Pesa. Una volta iniziarono a sparare, probabilmente non riuscirono a tenerla, così forarono tutto il soffitto della camera”.

OLTRE 70 ANNI DOPO… ABBIAMO RITROVATO ALDO

C’è lo spazio anche per un sorriso. Ma in questo caso possiamo dire di avere avuto anche un pizzico di fortuna; grazie a dei parenti di San Casciano, abbiamo rintracciato anche il bambino, Aldo Peruzzi, che oggi vive a Roma.

Aldo, si ricorda quando i tedeschi volevano portare via il suo babbo dalla villa Panerai? “Certo, sono cose che non si dimenticano, ma devo dire che questo episodio non l’abbiamo mai raccontato a nessuno, salvo qualche volta in famiglia. Sa, sono ricordi che non fanno piacere”.

“Anche se malvolentieri – prosegue – la racconterò. Ricordo che i tedeschi erano tre, un ufficiale e due soldati che passarono alcuni giorni nella villa. In un primo tempo occuparono le stanze della parte superiore, ricordo che si affacciavano alle finestre e ogni tanto sparavano, ritengo a caso, probabilmente volevano far credere che erano ben più di tre soldati”.

“Durante il giorno – continua – mangiavano nella sala, io all’epoca ero biondo, con i riccioli e gli occhi azzurri, sembravo un piccolo tedesco. Un soldato in particolare mi aveva preso a ben volere, ogni tanto mi faceva giocare, mi prendeva in braccio. Un bel giorno entrò nella sala l’ufficiale, era molto agitato, impartì degli ordini secchi ai due soldati, dopodiché presero tutte le loro cose e si avviarono verso la porta, afferrando in  malo modo anche il mio babbo cercando di spingerlo fuori con loro. Io iniziai a piangere, avevo capito che lo avrebbero portato via. Mi aggrappai piangendo ai pantaloni di quel soldato che mi aveva in simpatia, gridando”.

“Furono attimi terribili – conclude – i tedeschi avevano fretta d’andarsene. L’ufficiale a un certo punto mi prese gridando frasi incomprese, mi dette uno strattone, il soldato mi guardò senza dire parola, l’ufficiale fece cenno ai due di uscire dalla villa, io corsi ad abbracciare il babbo, la porta si chiuse e rimanemmo soli”.

La guerra era finita.

Antonio Taddei

Leggi altri articoli...