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Originario di Gioia del Colle, in provincia di Bari, don Stefano vive ormai da una vita in Toscana. Lo scorso settembre ha ottenuto l’incarico di prendersi cura della parrocchia di San Pancrazio.

IMG_20170202_084900Da allora non ha mai smesso di lavorare, aiutato da tanti parrocchiani, per dare nuovo lustro anche alla Pieve. Che conserva al suo interno molti capolavori pittorici ed architettonici e che ben presto potrà essere aperta al pubblico con visite guidate.

Annoverata dal Ministero dei Beni Culturali come una meta da visitare sulle grandi strade della cultura, la Pieve di San Pancrazio, costruita con ogni probabilità nell’800 d.C. è un perfetto esempio di architettura romanica nel suo corpo centrale, anche se poi nei secoli ha subito vari cambiamenti ed  ha visto alternarsi tanti pievani.

“Intorno al 1560 – comincia a raccontare don Stefano – arriva qui a fare il pievano Niccolò Cavalcanti. Che, rimasto vedovo con due figlioli, dedica tutti suoi averi a questo luogo, facendolo diventare una sorta di casa fiorentina. Fece infatti lavori di ampliamento e di restauro nella canonica adiacente che diventò la sua dimora  e lasciando su ogni sua opera la sua firma e lo stemma di famiglia”.

“Una cosa importante – continua il sacerdote – che fece il Cavalcanti, insieme alla compagnia di Santa Cecilia e San Pancrazio, fu quella di sostenere le ragazze del luogo che si dovevano maritare, in pratica gli facevano la dote”.

Don Stefano ci apre le porte della chiesa e, tra le opere più importanti conservate, c’è il dipinto di Cenno di Francesco, la Madonna del Latte tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista del 1400. E la Crocifissione del 1590 commissionata dallo stesso Cavalcanti a Santi di Tito, che si dice venne a dipingere questo quadro mentre era a restaurare Villa Corsini.

“La chiesa come la si vede ora – ci racconta don Stefano- è opera dell’ultimo restauro del 1900 e quello che mi piace è che ha dentro la storia, che vive, non è ferma in un periodo storico ma tutti quelli che ci sono passati ci hanno  messo dentro qualcosa”.

Saliamo le scale, passando attraverso le stanze della canonica che i parrocchiani hanno faticosamente riordinato, mentre don Stefano ci racconta un po’ la sua storia ed arriviamo al celebre Studiolo del Cavalcanti.

“Questo spazio – ci dice – rappresenta un percorso culturale e spirituale, perché questo personaggio del 1500 non ha creato un posto solo per viverci ma per rispecchiare  la sua fede e la sua cultura infatti alle pareti sono rappresentate tutte le arti. La Grammatica ha la bacchetta rivolta in alto ad indicare che Dio illumina la sapienza degli uomini. Infatti  sono raffigurati Dante, Boccaccio, Petrarca  e Guido Cavalcanti, antenato di Niccolò, accanto ai sapienti del passato come Talete, Sofocle, Virgilio, Socrate, Strabone ed Empedocle”.

In una stanza adiacente, dove troviamo molti oggetti e quadri ancora da riordinare, con grande sorpresa scorgiamo un dipinto del Gheri che raffigura Niccolò Cavalcanti. E possiamo dare un volto a questo personaggio lontano nel tempo ma che sembra ancora abitare qui, perché ogni cosa parla di lui. Soprattutto nel suo studiolo si è saputo ricreare quello che era lo spirito di un uomo del 1500.

“Qui – conclude Don Stefano- credo che il Cavalcanti abbia guarito il dolore della perdita della moglie. E vorrei che in tanti venissero a visitare questa pieve perché è ricca di storie da raccontare”.

Silvia Luis

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