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Dopo quattro mesi di viaggio a piedi, che li ha portati fino a Santiago de Compostela e alle coste dell’Oceano, percorrendo 2.723 km, nei giorni scorsi Chiara Corti e Marco Frosali sono tornati a Tavarnelle… più forti che mai.

La giornata non era delle migliori: il cielo coperto non lasciava intravedere neanche un raggio di sole. Ma a rischiararla ci hanno pensato i volti sorridenti dei familiari e degli amici dei ragazzi, che con una grande festa li hanno finalmente riabbracciati.

Tra foto, brindisi e aggiornamenti sugli ultimi eventi, i pellegrini hanno ricevuto una colorata dedica in rima. Hanno fatto fare a due palloncini quel volo nel cielo che loro avevano appena terminato. E si sono goduti ogni singolo, sincero, caloroso augurio di bentornato.

Così, intrapreso il cammino a passo di… chiocciola (ChiocciolaFelix è stato il nome della “spedizione”), hanno chiuso il cerchio allo stesso modo. Ma con sulla schiena un guscio ben più pieno rispetto all’andata: un bagaglio di ricordi, sensazioni, esperienze che si porteranno dietro per sempre. Anche nella costruzione del loro progetto di vita… comune.

“L’idea di tornare lentamente si è rivelata un successo – a parlare sono Marco e Chiara – Una volta raggiunto l’oceano, ci siamo resi conto che non sarebbe stato giusto “bruciare” in due ore di aereo tutto il tragitto percorso a piedi in ben quattro mesi”.

“Arrivati a Barcellona con i mezzi pubblici – raccontano – abbiamo preso la nave fino a Civitavecchia. E da lì il treno per Livorno. Anche se non con troppa voglia dopo esser stati fermi, abbiamo camminato verso Tavarnelle. Ci abbiamo messo quattro giorni”.

“Costeggiando l’Arno fino a Fucecchio e ripercorrendo a ritroso un tratto della Via Francigena – dicono – è stato davvero emozionante passare di nuovo da posti come San Miniato e Gambassi Terme”.

“Avevamo incontrato questi luoghi all’inizio della nostra avventura – spiegano – Nel pieno delle paure e delle  incertezze, ma allo stesso tempo con la voglia di esplorare: ad ogni modo con l’ignoto davanti a noi. Adesso invece li ribattevamo con tutt’altri spirito e mentalità”.

“Mentre a giugno i nostri passi un po’ incerti ci allontanavano – ricordano i ragazzi – ormai avevano acquisito tanta forza, esperienza, consapevolezza. E in noi, che tendevamo lo sguardo verso le amate colline, era vivo e costante il pensiero di casa”.

“Giovedì 13 ottobre è stato l’ultimissimo giorno di cammino – proseguono – Gli ultimi dieci chilometri, da Sciano a Tavarnelle, non stavamo più nella pelle. Fantasticavamo su chi potesse essere ad abbracciarci al nostro arrivo”.

“Quasi più eccitati di noi – dicono ancora – ci hanno accolto i parenti e qualche amico. Con tanto di striscione, palloncini e spumante. La prima cosa che ci veniva da chiedere: “A Tavarnelle che si dice di bello?”. E puntualmente la risposta: “Le solite cose”. Forse proprio ciò che volevamo sentire”.

“E’ come se il tempo si fosse fermato a quel sabato 4 giugno – aggiungono – Per quel poco che abbiamo visto, in paese tutto è rimasto pressoché invariato. Tranne qualche strada rifatta ed un nuovo negozio aperto in centro”.

Noemi Bartalesi