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“Quello che abbiamo firmato il 24 settembre è un patto storico: questi due progetti caratterizzeranno questo territorio per i prossimi decenni”.

Chi parla è Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio Vino Chianti Classico. I due progetti a cui si riferisce sono quello del Distretto Rurale del Chianti e la candidatura del territorio chiantigiano a patrimonio dell’Unesco. WeChianti lo ha incontrato.

Liberatore, perché il Distretto Rurale del Chianti?

“Perché questa è un’area caratterizzata da un prodotto chiave. E in questo caso è il vino. Intorno a questo prodotto chiave si sono generati e si genereranno delle economie virtuose direttamente collegate: turismo, ricezione, ristoranti, artigianato, … . Questo è il concetto di distretto, un prodotto perno attorno al quale nasce questa economia virtuosa di prodotti e servizi. E penso che il Chianti sia una delle aree agricole maggiormente caratterizzate: è il classico esempio di Distretto Rurale”.

Agricoltura come perno di un sistema intero che si sviluppa e guarda al futuro. Ma allora come mai il sindaco di Gaiole in Chianti Michele Pescini non ha firmato per la sua costituzione?

“Non lo so. Ho visto quello che ha detto: non ha detto di no, ma ha bisogno di più tempo. Spero vivamente che riflettendo sulle implicazioni per la sua amministrazione, per le aziende, per i cittadini, possa rivalutare al più presto questa posizione ed entri a far parte dell’area distrettuale”.

Appunto, area distrettuale: alcuni non sono convinti dei confini delineati su quelli del Consorzio…

“L’accordo fatto con i sindaci prevede che i confini sono quelli riconosciuti nel ’32, ovvero quelli del vino. La novità qual è? Che noi abbiamo esteso i risvolti positivi del Distretto anche alle aziende che stanno fuori da questi confini, nei quattro comuni che non sono in toto nel territorio del Chianti Classico. Il confine del ’32 deve però essere un confine stabile: fino a un po’ di tempo fa parlare di Chianti non dava certezze. Con queste operazioni noi andiamo a confinare l’area senza mettere in difficoltà i sindaci che hanno una parte dentro e una fuori, senza creare aziende di serie A e serie B. Tutto ciò che arriverà nel Distretto sarà per tutte le aziende, non solo quelle vitivinicole”.

E chi eccepisce sull’eccessiva importanza data al vino rispetto ad altri settori economici? Pensiamo alle industrie…

“Non è una gara. L’industria è un’altra cosa. Noi parliamo di altro. Faccio un esempio: Barberino ha una zona industriale importante, ma noi stiamo facendo una politica di sviluppo agricolo del territorio. Non a caso si chiama Distretto Rurale, non Distretto Industriale. E siamo contentissimi di farlo con le aziende e le amministrazioni comunali”.

Da qui alla candidatura del territorio del Chianti a patrimonio dell’Unesco il passo è breve…

“Nel documento sottoscritto c’è sia il Distretto che la candidatura. Anche qui riteniamo che da questo punto di vista non ci siamo mai sognati di chiedere la candidatura all’Unesco come prodotto, non a caso parliamo di Chianti e non di Chianti Classico. Abbiamo trovato la soluzione, prevista dai regolamenti dell’Unesco, che prevede la zona dei confini del ’32 e delle zone “cuscinetto” riconosciute contestualmente alle altre per continuità, come prolungamenti. E con queste, le “buffer zone”, arriveremo ai confini amministrativi. Questa formula che abbiamo trovato, molto interessante e innovativa, è quello della doppia geografia, che mette tutti sullo stesso piano”.

Al di là che il settore edile è in difficoltà da tempo, non è che diventando patrimonio Unesco si bloccano le potenzialità di trasformazione urbanistica?

“Certo che no. Si vincoleranno cose già vincolate e non ce ne saranno di ulteriori. Abbiamo già valutato tutto con i nostri consulenti. Non costruiamo un museo, ma un territorio dinamico e attrattivo”.

Insomma, un percorso che porterà anche, sempre di più, all’identificazione del Chianti con il Chianti Classico. Che è un tasto dolente da tempo.

“Da questo punto di vista ci teniamo a far coincidere il Chianti con il Chianti Classico. Non è possibile che il Chianti possa essere “reclamato” in zone , con tutto il rispetto, come Bagno a Ripoli o Pontedera. Ma finché non hai un’area riconosciuta come tale non puoi nemmeno difenderti. In questo modo avremo la possibilità di iniziare a mettere i puntini sulle “i”. Potremo individuare delle strategie di difesa.”

Si può dire che i chiantigiani ne beneficeranno in modo tangibile?

“Certo, perché  faremo delle politiche di sviluppo precise su questo territorio. Questi riconoscimenti ci daranno una grande forza economica e di sviluppo (il Distretto) e comunicazione e immagine (l’Unesco)”.

Tempi?

“Io penso che chi arriverà prima sarà il Distretto Rurale del Chianti. In questo momento si stanno mettendo a punto alcuni dettagli, abbiamo avuto rassicurazioni dalla Regione Toscana che procederanno velocemente.  Nel 2017? Io penso di sì: avremo il riconoscimento del Distretto Rurale del Chianti. E speriamo di aver finito l’iter per essere inseriti nella lista di riconoscimento all’Unesco”.

Matteo Pucci