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Dalla città invisibile al mito. E dal mito alla rinascita contemporanea, all’avvio di una nuova stagione di studi, valorizzazione, riscoperta e ricerca storica dell’area di Semifonte, uno dei luoghi simbolo della cultura medievale toscana.

Sono trascorsi quasi mille anni da quando gli abitanti dell’antica città, situata nel territorio di confine tra Firenze e Siena, declamavano in tono canzonatorio “Firenze fatti in là che Semifon divien città”.

Fu la graduale crescita di una potenza commerciale che minacciava di infragilire i giganti della politica feudale a creare un mito, ancora prima di essere devastato, una città che per la sua solidità urbana ed economica non tardò a cadere sotto assedio con un inganno e lasciarsi radere al suolo nel 1202.

Ma se i fiorentini otto secoli fa provarono a cancellarla dalla faccia della terra, nonostante la costruzione nel 1577 della Cupola di Semifonte ad opera di Santi di Tito, oggi quella stessa amata e odiata terra dei vinti proverà a raccontare qualcosa di nuovo della propria segreta storia.

E lo farà attraverso l’archeomatica e l’archeologia leggera e territoriale, un’attività non tradizionale né invasiva, che si avvarrà dell’uso combinato di strumentazioni sofisticate e innovative quali piccoli droni e georadar per diagnosticare l’identità di un mito che da tempo attende di essere svelato.

A 40 anni di distanza dall’ultimo studio archeologico, si tornerà ad indagare sulla città di Semifonte. Il progetto è promosso dall’Unione comunale del Chianti Fiorentino, dal Comune di Certaldo, dal Consiglio regionale della Toscana e dall’Università di Firenze ed è stato presentato alla Cupola di San Michele Arcangelo a Semifonte nel corso della conferenza “Semifonte in Valdelsa: Città degli Alberti. Storia Archeologica di un Mito Medievale. Le Terre dei Vinti”.

A descrivere i contenuti del progetto Guido Vannini, direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia, Andrea Vanni Desideri, Università degli Studi di Firenze e Silvia Leporatti dell’Università di Firenze.

“Non sappiamo – spiegano gli archeologi Vannini, Vanni Desideri e Leporatti – quanto fosse estesa Semifonte, come e dove si strutturasse l’abitato, ci affideremo per questa analisi ad un metodo che l’archeologia medievale ha applicato anche nel vicino Medioriente, è l’analisi archeologica di una realtà complessa che mette lo scavo come eventuale conclusione non come premessa delle attività”.

“Attueremo – annunciano – una campagna di diagnostica archeologica e geofisica in forma sperimentale che fa uso di strumentazioni particolari e che ci permetterà di verificare come si siano conservate le strutture al di sotto delle superfici dei territori agricoli, useremo droni per le riprese aerofotogrammetriche, il reticolo topografico sarà costruito attraverso alcuni moderni velivoli a controllo remoto, dunque l’intera campagna ha la prima finalità diagnostica, la strategia della ricerca prevede due momenti di cui il secondo sarà indirizzato dai risultati del primo a carattere diagnostico”.