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Riccardo Casamonti esprime il suo amore infinito per il territorio facendo il regista e il vignaiolo: due attività all’apparenza completamente diverse, ma che in fondo si assomigliano, perché in entrambe racconta il Chianti.

Riccardo ha alle spalle ben sei cortometraggi sotto forma di “veglia 2.0” (come la chiama lui), il mediometraggio “Capelli” e il lungometraggio “Il Seme ed il Mare”. Che ha registrato sessanta proiezioni e più di diecimila spettatori.

E che, al Terra di Siena International Film Festival, ha fatto aggiudicare a Paolo Maggini il premio come miglior attore, per il quale era in lizza con il protagonista di “12 anni schiavo”.

Nel contempo, a Tignano (Barberino Tavarnelle), accanto a casa, Riccardo gestisce con il babbo Paolo il “Podere Poggione”: una vigna di un ettaro e mezzo, che suo nonno – sensale – aveva comprato con il mezzadro prima della guerra.

Produce rossi, bianco da invecchiamento e vinsanto. Per un totale di tremila bottiglie l’anno: un’azienda di super nicchia. Che ha un valore inestimabile perché fa il vino come si faceva prima in Toscana.

“Alle elementari rimasi affascinato da degli animatori teatrali – a parlare è Riccardo – Da più grande frequentai un laboratorio di sceneggiatura e regia e uno di formazione attoriale”.

“Finito il Liceo Scientifico, mi iscrissi a Legge – ricorda – E cominciai a frequentare Tignano, il paese d’origine di mio babbo, dove ogni anno avevo trascorso le vacanze: all’epoca abitavamo a Prato”.

“Per me Tignano era (ed è) un luogo magico – gli brillano gli occhi – Avevo deciso che sarei vissuto qui ancor prima di sapere cosa avrei fatto nella vita. Poi proprio a Tignano trovai ciò che cercavo: la tradizione della veglia. E alla fine degli anni Novanta mi trasferii”.

“Ascoltavo i racconti degli anziani e con degli amici li rielaboravo – dice – Finché iniziai a realizzare dei corti: storie narrate attraverso i volti e i paesaggi del posto, con il linguaggio della commedia”.

“Per caso uno di questi corti fu visto dall’allora assessore della cultura di Casole, che mi chiese di incontrarci – prosegue – Da lì nacque “Il Seme ed il Mare”: un road movie no budget e no profit, a cui lavorammo per un anno ogni week end”.

“Per il trentesimo anniversario del Tignano Festival – aggiunge – feci uno spettacolo di veglia nel castello: “Racconti di provincia”, con in scena Sergio Berti. L’ultimo progetto a cui ho collaborato è stato il corto per la Misericordia, volto a trasmettere i valori del volontariato”.

“Questo mondo bucolico mi ha attratto anche verso la vitivinicoltura – prosegue – Sono andato a recuperare vitigni dimenticati, che avevo la fortuna di avere nel mio piccolo fazzoletto di terra: la Foglia Tonda, il Canaiolo Pratese (detto “Palle di Gatto”) e il Trebbiano Toscano”.

“Fino agli anni Novanta questi vitigni erano utilizzati per fare il Chianti – spiega – Poi il gusto si è spostato su tipologie più internazionali. Così ho deciso di mantenere viva la tradizione locale: un sogno realizzabile solo su piccoli numeri, come i miei”.

“Una parte della vigna è costituita da 138 chioppi – conclude orgoglioso Riccardo – Il nome tecnico è acerus campestris. Si tratta di viti simili ad alberi da frutto, separate l’una dall’altra. Come minimo hanno cento anni. Sono sculture naturali”.

Noemi Bartalesi

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