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Esistono territori capaci immediatamente di ispirare artisti di passaggio, provenienti da città e paesi lontani, che rimangono affascinati dalla loro bellezza unica al mondo.
Uno di questi è il Chianti, con le sue colline rigate da filari di viti, punteggiate qua e là da distese di ulivi e, sulle quali, in lontananza, si può scorgere una fila di cipressi secolari.
Proprio qui, e più precisamente nel paese di Mercatale, l’artista olandese di fama internazionale Karel Appel (1921-2006) decise di allestire il suo atelier toscano, acquistando nel 1989 la proprietà di Villa Licia.
La villa, adibita dall’artista a luogo di studio e di ritiro, lo ospitò fino al 1999. Situata al centro di un grande apprezzamento di terra sulla sommità di una collina, costituisce un osservatorio perfetto per ammirare l’ampio paesaggio con gli ulivi, i cipressi, i filari e una chiesa sullo sfondo.
Del convento di Santa Lucia, collocato su questo terreno, rimane solo una cappella dove Appel, secondo un uso piuttosto profano, lasciava asciugare le sue tele raffiguranti paesaggi pieni di colori, figure umane e animali.
Oltre alla pittura, anche la scultura era un mezzo di espressione dell’artista, che nella creazione delle sue opere d’arte si lasciava ispirare dalla scoperta di oggetti d’uso comune, come materiali usati per la viticoltura, presenti anche nei terreni del suo vicino, il viticoltore Giulio Baruffaldi.
Quando Appel acquistò la proprietà di Villa Licia, Baruffaldi aveva già completato il restauro della Fattoria La Loggia, la sua tenuta vinicola del XV secolo a Montefiridolfi, che aveva trasformato in un agriturismo e in un centro d’arte contemporanea.
Lì viveva insieme alla sua famiglia e da appassionato collezionista di opere d’arte contemporanea radunava negli spazi all’aperto della fattoria sculture e altre creazioni di alcuni dei più grandi artisti del momento (Arman, Stahler, Barni tra gli altri), che in parte conosceva personalmente e invitava a soggiornare nella tenuta.
Dunque, la notizia dell’arrivo di un nuovo artista a pochi chilometri di distanza dalla fattoria indusse subito il collezionista, che già conosceva Appel per il suo contributo al movimento artistico d’avanguardia CoBrA, a invitarlo nel suo centro d’arte.
Tra i due nacque una bella amicizia. Appel condivideva le idee di Baruffaldi ed era disposto a creare insieme a lui nuove opere d’arte.
Rovistando nei vecchi capanni della tenuta, che lo rifornirono di botti di legno, bastoni per appendere i grappoli d’uva, ruote di carri e altri oggetti, l’artista diede forma a sculture bronzee capaci di fondersi completamente con l’atmosfera della fattoria.
Il bianco del bronzo dipinto, simile a gesso, che risalta sul verde delle siepi e del prato, è il tratto distintivo delle creazioni dell’artista, alcune delle quali sono ancora oggi visitabili nel Centro D’Arte La Loggia, nonostante la scomparsa di Giulio Baruffaldi due anni fa.
In un angolo delle mura coloniche spicca in volo un uccello bianco su di un cavalletto e poco lontano, adagiati sotto l’ombra di un grande albero, si trovano quattro fiori composti dalle lame di un vecchio aratro.
Nelle vicinanze, dalla vegetazione svetta la bozza di un gatto con la schiena ricurva e la coda alzata. E sulla sommità di una collina, dalla quale si può ammirare uno stupendo paesaggio, sorge la “foresta bruciata”, popolata da ali bianche appese e una testa con occhi simili a bottoni.