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L’aia è irrorata di luce. Il pergolato di vite regala arabescate trame di luci e ombre. Una cangiante tovaglia in cotone verde imbandisce il rustico tavolo di legno in noce e querce. Tovaglioli intonati e piatti colorati. Ancora gli amici non sono arrivati. Siamo un po’ in ritardo e dobbiamo affrettarci.

È quasi l’ora di pranzo della domenica di Pasqua e, come da tradizione (“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”), abbiamo invitato nella nostra casa di campagna amici e parenti.

La confidenza è tale che ognuno porta qualcosa con sé ad arricchire la già non parca mensa. Dalla cucina di casa, affacciata sull’aia, è un frenetico andirivieni di piatti, posate, vassoi. I profumi delle fioriture primaverili del giardino si confondono coi desinari.

Il forno è caldo e l’agnello è nella sua lenta aromatica cottura. Quest’anno una nuova ricetta: glassato con miele e pinoli e adagiato su un letto di patate del Casentino tagliate a piccoli dadini. L’agnello ci vuole, è tradizione, ma oggi ci è piaciuto proporlo in una rivisitazione creativa.

I profumi sono carichi come la primavera che saluta coi suoi abbracci di luce tiepida la giornata di festa. Gran parte della mattinata è trascorsa nella preparazione degli gnudi, i gustosi ravioli senza pasta attorno: hanno voluto partecipare anche le bambine e le palline non sono proprio omogenee, ma tant’è.

Preparati con le verdure fresche del periodo, gli spinaci, e la ricotta presa venerdì fresca in bottega saranno la prima portata, gustosa e leggera, del pranzo. Non vogliamo appesantirci troppo già prima dell’agnello e i dolci della Pasqua.

Il lato più tradizionalista della compagnia ha già provveduto a ornare il tavolo con piccoli ramoscelli d’olivo – peraltro strappati impudentemente dai giovani olivi piantati in giardino.

Non manca neanche il paniere di vimini con uova di gallina benedette, che i più piccoli etichettano con un deluso “ah, le uova sode”, esprimendo un po’ di rammarico gastronomico per i tanti modi migliori con cui le uova potrebbero essere esaltate in cucina.

Subito dopo le uova, vengono portati in tavola dei vassoi di coloratissimi crostini: in casa ci divertiamo a prepararne di diversi tipi, creando delle architetture geometriche ipnotiche e appetitose. Avide mani si intersecano nella tavola, i più bassi anche alzandosi sulle punte pur di primeggiare nell’assalto ai gustosi bocconcini.

uova

“Ho messo la forchetta grande apposta, usate quella invece delle mani!” – si sente urlare. La disfida arruffata e ridanciana del crostino segna davvero l’inizio del pranzo di Pasqua. Accanto ai crostini serviamo gli affettati: “Buonissima questa soprassata” – “La finocchiona da chi l’hai presa?”. Poi è il momento degli gnudi, ormai quasi un obbligo a ogni pranzo di Pasqua da quando nell’orto sono stati piantati gli spinaci: vuoi non titillare l’ego da orticoltrice delle padrona di casa?

“Sono gli ultimi della stagione, sentite che bontà!” – “La ricotta, freschissima, è di capra, presa ieri in bottega in paese”. Il vino scorre nei calici, l’atmosfera è allegra. L’agnello è quasi cotto e l’odore che esce dal forno è già arrivato fino a tavola.

I bambini si sono intanto alzati – già quest’anno hanno battuto ogni record, arrivando senza bizze fino agli gnudi – per riaffacciarsi saltuariamente al tavolo a supplicare un boccone in più (“Stai a sedere se vuoi mangiare ancora!”) con le gote rubizze e la voglia di tornare a scorrazzare fra le pietre dell’aia. “Noi possiamo andare a raccogliere i fiori?” – chiedono bucoliche le bambine.

patate

L’agnello è buonissimo, le patate al forno croccanti al punto giusto (buona idea quella di farle prima sbollentare) e gli spinaci saltati in padella, ovviamente, “buonissimi – si sente che sono dell’orto!”. “Quello che avanza, ragazzi, lo mangiamo domani eh…”: domani infatti è la giornata di Pasquetta e la passeremo facendo una girata fra le nostre colline.

Il sole sta voltando, siamo ormai quasi a metà pomeriggio. Molti sono già accasciati sulle seggiole, sempre più staccate dal tavolo, e magnificano stancamente la bontà del pecorino appena servito “per pulirsi la bocca”. S

iamo arrivati al momento del dolce. Prima, però, il vassoio con le tazzine fumanti di nero e corroborante caffè. Con la scusa dei dolci riusciamo anche a riportare al tavolo tutti i bambini. Ci sono le uova di cioccolato da aprire: di ogni foggia e dimensione, al latte o fondente.

E, più gradita dagli adulti, la tradizionale Colomba di Pasqua. “Ci ho fatto una crema aromatizzata agli agrumi, così, per accompagnarla…”.

Francesco Sorelli – Il Bisarno Oltre la Sieve

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