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E’ inutile girarci intorno: la morte di Bud Spencer ha colpito gli italiani quasi come quella di un conoscente, anche di un familiare.

La sua presenza ininterrotta nei film per tutta la famiglia, fonte di risate dal bimbo al nonno, è stata un qualcosa che è penetrato profondamente nel cuore delle persone.

Ma non molti sanno che alla base del successo c’è anche… Rocca delle Macie.

Ci spieghiamo meglio: Italo Zingarelli, fondatore dell’azienda vitivinicola di Castellina in Chianti, che prima di diventare produttore di vino era… produttore cinematografico. Creando due cult della cinematografia italiana.

Sergio Zingarelli

A raccontarcelo meglio è Sergio Zingarelli, figlio di Italo, attuale presidente del Consorzio Vino Chianti Classico.

Zingarelli, ci racconti il motivo della frequentazione di Rocca delle Macie da parte di Bud Spencer e Terence Hill. Anni…?

“E’ grazie a mio padre Italo che Carlo Perdersoli, in arte Bud Spencer, si è avvicinato alla nostra famiglia (in foto sopra sono insieme, n.d.r.). Mio padre, infatti, prima di fondare l’azienda Rocca delle Macie, è stato il produttore cinematografico che nei primi anni ’70 lanciò la coppia Bud Spencer (con quel personaggio sempre burbero e un po’ ingenuo che si chiamava “Bambino”) insieme a Terence Hill, con il film che sarebbe diventato un classico della cinematografia Italiana, “Lo Chiamavano Trinità”. E il suo seguito “Continuavano a chiamarlo Trinità”, che si rivelerà il maggior successo commerciale della storia del cinema italiano”.

Quali ricordi porta con sé? Com’era Bud Spencer conosciuto nel privato?

“Carlo era laureato in Giurisprudenza, e il desiderio di vedere un mondo più giusto lo ha sempre accompagnato nella vita. Anche i personaggi che interpretava, sebbene un po’ arruffati e scombinati, comunicavano questo suo desiderio. Erano un’espressione della sua anima, forse proprio per questo è entrato nel cuore di tutti, e non ne è più uscito. Lui era come si vede nei film, sempre pronto a sorridere, anche se quel suo corpaccione così grosso poteva mettere paura. Ma bastava ascoltarlo un attimo e tutti si rendevano conto di chi avessero davanti. Ed era sempre pronto a ridere e a scherzare. In quegli anni là lo vedevamo molto spesso, sia sul set che in azienda. Di lui conservo il ricordo di un uomo buono, disponibile, e molto protettivo”.

A tavola era… come nei film?

“Magari non esplicito e come nei film, ma il rapporto con il cibo era un “rapporto allegro”, del resto, come quello che aveva mio padre. Entrambi, oltre che somigliarsi fisicamente, e in modo incredibile, avevano una grandissima passione per la buona cucina e ovviamente per i buoni vini. Sono rimasti amici a lungo, e Carlo veniva a trovare mio padre qui a Rocca delle Macìe, a Castellina, e la tavola è sempre stata una loro compagna. Si divertivano molto insieme, e sì, facevano anche delle gran belle mangiate. Ma non solo fagioli, a tavola erano entrambi esigenti e buongustai”.

Ha mantenuto i contatti negli anni a seguire? E’ più tornato a Rocca delle Macie

“I contatti sono proseguiti per diversi anni e anche grazie a mia sorella Sandra che, vivendo a Roma, ha continuato ad occuparsi della parte cinematografica della nostra famiglia e a fare, quindi, da trait d’union con il figlio di Carlo. ma con lui il rapporto andava al di là della frequentazione. Eravamo stati uniti durante una grande avventura, quella del cinema Western, eravamo legati da molti ideali, quelli che condivideva soprattutto con mio padre, sentimenti così profondi che vanno al di là del concetto di amicizia. Per questo è e sarà sempre nei nostri cuori”.

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