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Il Conte Sebastiano Capponi ci accompagna personalmente in una lunga visita a Villa Calcinaia, adagiata sulle colline che dalla valle di Gabbiano portano verso Greve in Chianti: “I primi quattro poderi sono stati acquistati nel 1524 da Niccola di Andrea Capponi. Comprò Calcinaia, Sepale, Bastignano e San Piero al Pino. Qui si fa produzione di vino per consumo da sempre; finalizzata alla vendita in bottiglia dalla fine degli anni ’50 inizio anni ’60. Prima era tutto venduto sfuso o in fiaschi, oppure conferito alle cantine SEVA”.

“Io – ci racconta – arrivo in azienda nel 1992: ho fatto il percorso contrario a tanti. Io ho fatto figli, poi mi sono sposato, poi laureato, poi ho preso la patente. Fino al 1997 c’era Matteo Gestri, figlio dello storico fattore Mauro Gestri. Io, laureato in Scienze Politiche, ho pian piano imparato mestiere: qui ci sono nato, venivo tutte le estati per guadagnare dei soldi. Condurre un’azienda è importante: qui il problema principale era quello di un’azienda storica che negli anni ’60-’70 ha avuto un grande sviluppo su mercato italiano ed estero. Abbiamo vissuto un momento di flessione da metà anni ’80 a anni Novanta, perdendo il decennio d’oro. Ripartire nel 1997 è stata veramente dura”.

Oggi la proprietà si compone di 215 ettari, una delle più estese del Chianti. Chiediamo quale sia il vino ideale, quello a cui si tende a Villa Calcinaia: : “Vista la grandezza dell’azienda e la diversità di terreni l’ideale sarebbe di arrivare a una vigna… una bottiglia. Una concezione “borgognotta”, con il vino che è il riflesso della vigna. Il Sangiovese da questo punto di vista non mente. Ci stiamo arrivando piano piano, Bastignano è il nostro primo “Cru” a cui abbiamo recentemente aggiunto La Fornace e Contessa Luisa”.

Parlando di quantità: “Adesso produciamo circa 105-110mila bottiglie, siamo abbastanza a regime. Per alcune annate di Villa Calcinaia teniamo molto “storico” in cantina per rimetterlo sul mercato fra qualche anno. Secondo me una cantina che ha delle aspirazioni deve avere uno storico importante. Ad esempio, recentemente a Bologna abbiamo fatto una verticale dal 1968 ai giorni nostri. Non a caso abbiamo stilato un listino specifico per le annate storiche”.

Chiediamo cosa cerca quando stappa bottiglie tanto vecchie: “Io vengo sorpreso ogni volta: se la bottiglia è in buone condizioni il vino è st upendo e affascinante. Non può essere perfetto dal punto di vista della correttezza enologica. Ad esempio il ’75 era sorprendente anche dal punto di vista della freschezza: il nostro cantiniere Francesco Checcucci le ha addirittura… del nonno”.

“La cantina – prosegue Capponi – serve solo a non rovinare il lavoro fatto in vigna, che è di importanza fondamentale: un bravo cantiniere ed enologo è quello che riesce a mantenere quello fatto in vigna. E, un po’ come costruire una casa (la vigna) e conservarla (la cantina). La conduzione aziendale è biologica, la certificazione sugli oliveti è del 2000, quella sui vigneti è partita nel 2014. I vigneti vecchi sono in produzione biologica dal 2008”.

Perché, come evidenzia, “il concetto è partire dal fatto che noi qui ci abitiamo. La qualità inizia in casa propria, bisogna fare bene dove si sta. Poi si può pensare anche ad altro, a gestirsi bene e a gestire bene le persone che si hanno intorno”.

Matteo Pucci

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