Dall’11 al 14 settembre Greve in Chianti ha ospitato la 53esima edizione dell’Expo del Chianti Classico: 64 produttori e oltre 200 etichette hanno animato piazza Matteotti, in un clima di festa, tra calici alzati, profumi di vino e il via vai di visitatori. Soprattutto stranieri.

Ma dietro la cornice festosa, il “momento-vino” raccontato dai produttori appare più sfaccettato: entusiasmo per una vendemmia che si preannuncia di qualità, ma anche preoccupazioni legate a mercati in difficoltà e consumi in calo.

Andrea, dell’azienda agricola Le Palaie (Montefioralle), non nasconde la sua soddisfazione: “Il nostro mercato è per il 95% negli Stati Uniti e quest’anno, nonostante i dazi, la domanda è addirittura raddoppiata. La vendemmia inizierà la prossima settimana, i pronostici sono buoni”.

Ma la tendenza non è uniforme.

Uno scenario diverso quello raccontato da Roberta Zanobini dei Castelli del Grevepesa (cantina cooperativa con sede a Gabbiano), che descrive un mercato in sofferenza, sia in Italia che all’estero: “Il Chianti Classico si rivolge soprattutto alla fascia media e il calo del potere d’acquisto incide molto”.

“In ristorazione – aggiunge – bottiglie a 26-28 euro cominciano a pesare, e nonostante i consumatori siano più attenti e preferiscano bere meno ma meglio, resta la difficoltà di collocare un prodotto che, in fondo, non è considerato indispensabile”.

A soffrire di più, come spesso accade, sono le realtà familiari.

“Per le piccole aziende il momento è difficilissimo – aggiunge Benedetta Marini, di Terre di Perseto (San Casciano) – perché in tempi di crisi gli importatori preferiscono i grandi marchi”.

“La guerra – elenca – i dazi, il calo dei consumi, pesano. E chi non ha la forza di un brand affermato deve stringere i denti. Abbiamo visto crescere i turisti dal Sud America, dal Brasile e dai Paesi dell’Est, ma c’è stato un calo di italiani, francesi e tedeschi. Il consumatore, però, cerca sempre la qualità: se trova un vino che gli piace, non si ferma davanti al nome o al prezzo. Assaggia qui e invia le bottiglie a casa”.

Andrea, di Casa Sola (Barberino Tavarnelle), sottolinea invece come il contesto internazionale abbia inciso più dei dazi: “Manca l’americano, il nostro principale cliente. Non tanto per i dazi, quanto per il clima generale di incertezza legato ai conflitti. L’estate però ci ha regalato un andamento climatico positivo, con piogge e temperature equilibrate, e questo lascia sperare in una vendemmia di qualità”.

Diversa la prospettiva di Emilia, delle Convertoie (Greve in Chianti), che ricorda le difficoltà del biologico in un anno segnato da caldo e umidità: “Siamo già partiti con la raccolta, ma la resa sarà minore. Abbiamo dovuto fare trattamenti continui per salvare le vigne: mio figlio passa giornate intere sul trattore. La quantità non sarà quella degli anni passati, ma speriamo nella qualità”.

Più ottimista Alessio Burroni, di Ca’ di Pesa (Greve in Chianti): “Quest’anno l’estate ha dato il meglio, con sole e acqua al momento giusto. I grappoli sono belli, sembra una delle migliori vendemmie degli ultimi anni. I dazi hanno inciso meno del previsto: il vero problema è il calo degli americani, dovuto più alla situazione internazionale che al prezzo delle bottiglie”.

Chiude il giro Lorenzo Scala, de La Mirandola (Castellina in Chianti), che offre una sintesi lucida: “Il mercato interno e quello del Centro Europa hanno subito contrazioni, i consumatori cercano sempre più il prezzo, anche a scapito della qualità. La vendemmia non è ancora iniziata, aspettiamo la fine di settembre: l’uva ha un grado zuccherino, ma non è ancora pronta. Le differenze tra zone restano forti, dai 200 metri di Castellina ai 600 di Radda, ed è un valore da spiegare ai clienti. Ma anche lo straniero oggi spende meno, e questa è la sfida più grande”.

Dalle voci raccolte emerge quindi un quadro complesso: le vigne promettono un’ottima annata, favorita da un clima equilibrato e da una gestione attenta in campagna.

Ma il mercato resta fragile, schiacciato tra calo dei consumi, guerre, incertezze e dazi che pesano più come simbolo che come reale ostacolo.

Il Chianti Classico, bandiera di un territorio, conferma la sua qualità, ma deve fare i conti con un mondo che cambia e con un consumatore che, oggi più che mai, chiede vini capaci di raccontare non solo un gusto, ma anche un’identità.

Se il visitatore con capacità di spesa arriva, e se le aziende riescono a rivolgersi a questa fascia, le difficoltà possono essere aggirate.

Altrimenti, soprattutto per le piccole realtà, continuare a restare a galla sarà sempre più complicato.

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