Quella che si è svolta nei giorni scorsi a Villa Calcinaia, la casa grevigiana dei Conti Capponi, è stata una festa di quelle indimenticabili.

Sì, perché non è che capiti spesso di celebrare un compleanno da… 500 anni (sì, avete letto bene, 500!).

Ovvero da quando, il 23 maggio 1524, si stipulava il contratto tra Sebastiano del Caccia e Niccola di Andrea Capponi, in cui il primo vendeva al Capponi “quattro poderi con casa da signore, nella località detta la Calcinaia” in Valdigreve.

La storia di una famiglia, fra Firenze e il Chianti, che si intreccia e si sovrappone alla Storia con la “S” maiuscola.

Che poi diventa anche storia del vino, del nostro vino, in uno dei luoghi del Gallo Nero per eccellenza.

Ma anche la storia del suo territorio, legato a triplo filo al suo prodotto-icona.

Ne hanno parlato con passione, affetto e riconoscenza verso chi c’è stato prima di loro (e con lo sguardo al domani e a chi verrà) Sebastiano, Niccolò e Tessa Capponi.

I tre fratelli, accompagnati da Filippo Bartolotta, hanno condotto i presenti lungo un percorso che ha sapientemente incastrato questi tre elementi: storia, vino, territorio.

Ancora oggi, Villa Calcinaia è il cuore della famiglia Capponi.

Il conte Sebastiano Capponi – attuale proprietario insieme ai fratelli Tessa e Niccolò, dal 1992 – rappresenta la trentasettesima generazione dei Capponi e continua la tradizione di famiglia occupandosi direttamente della conduzione dei circa duecento ettari di proprietà.

Il racconto è partito ancora più indietro, dagli Etruschi: poi si è passati ai primi documenti del 1052 d.C., alla Lega del Chianti e al Rinascimento fiorentino, con il suo sistema di Ville, fino all’acquisto di Villa Calcinaia.

E ancora, il racconto del primo documento precursore delle moderne denominazioni d’origine nel 1716 e della nascita del Consorzio del Chianti Classico nel 1924, fino alla storia più recente della famiglia Capponi e del territorio del Chianti Classico con la candidatura UNESCO del Sistema delle Ville Fattorie.

Per ogni momento del convegno, in abbinamento, un vino prodotto a Villa Calcinaia, per un totale di cinque degustazioni.

  • Mauvais Chapon Metodo Classico 2018
  • AD 1613 Rosso Toscana IGT 2011
  • Villa Calcinaia Chianti Classico DOC 1969
  • Vigna Bastignano Rosso Colli Toscana Centrale IGT 2006
  • Villa Calcinaia Chianti Classico Riserva DOCG 2010

I vini in degustazione

“Un anno di assaggi e riflessioni – ha detto la guida che ha condotto questo percorso, Filippo Bartolotta – per metabolizzare 500 anni di storia e raccontarli nell’arco di una giornata. Un anno di scambi, ascolto e assaggi partendo dai vini degli anni ’60, per passare ai nuovi progetti per decifrare il DNA storico e sensoriale di Villa Calcinaia”.

“Il risultato – ha aggiunto – è una selezione di 5 vini straordinari scelti per celebrare le tappe fondamentali non solo di un’azienda di vino ma di una famiglia, quella dei conti Capponi, che ha intrecciato la sua storia con quella della città di Firenze.”

“Questo evento è importante non solo per la famiglia Capponi e per la denominazione del Chianti Classico – ha tenuto a sottolineare – ma per la storia dell’enologia e della cultura italiana. Infine, i vini: dagli assaggi di tutte le annate degli anni ‘60 e ‘70 svolti in questo ultimo anno emerge una levatura stilistica che, senza alcun’ombra di dubbio, posizionano Villa Calcinaia come uno dei riferimenti dei “fine wines” italiani. E, come diretta conseguenza, ci costringono a gettare luce sulla straordinaria capacità di invecchiamento dei vini della denominazione del Gallo Nero, in grado di confrontarsi con i più grandi al mondo”.

“In ultima analisi – ha concluso – vengono celebrati non soltanto i fasti di una storia antica, ma soprattutto il Genius loci di una famiglia fiorentina che continua ad investire nella ricerca del genoma delle viti aziendali e dunque nella preservazione di una cultura enologica che diventa vera e propria ricetta per la salvaguardia di un paesaggio che il grande storico Fernand Braudel ha definito: “la più commovente campagna che esista”. Quando il vino riesce ad unire storia, natura e l’uomo come è successo oggi, ci rendiamo conto che il vino è molto più di una semplice bevanda, ma vero enzima di civiltà e testimone delle nostre più profonde tracce antropologiche”.

VILLA CALCINAIA – L’AZIENDA 

Villa Calcinaia è l’azienda vitivinicola della famiglia Capponi, conta circa duecento ettari di proprietà, di cui 27 impiantati a vigneto, dieci condotti a oliveto, cento ettari di bosco e la restante parte adibita a zona di rispetto venatorio per il ripopolamento della selvaggina locale e per il pascolo delle capre.

L’azienda è a conduzione biologica e tutte le sue produzioni sono certificate, sotto la guida agronomica di Daniele Innocenti e Luca Socci, si arrivano a vendemmiare uve schiette, sane, ricche e saporite ed olive mature e profumate.

La certificazione biologica, porta la data dell’anno 2000, dopo un periodo di conversione iniziato nel 1997.

L’azienda ha un patrimonio molto importante di genoma viticolo ed olivicolo risalente alla fine del XX secolo che è stato propagato in occasione delle recenti piantagioni.

In cantina la consulenza enologica è dal 1996 quella di Federico Staderini, che coordina la squadra capeggiata da Sabrina Socci monitorando e supervisionando costantemente ogni passaggio produttivo.

La Villa

Nel segno della massima qualità possibile, il ruolo di protagonista è sempre lasciato al Sangiovese, il Canaiolo, il Trebbiano, la Malvasia Bianca, e le tante altre uve presenti in azienda vengono anch’esse lavorate e interpretate cercando di esaltare tutte le sfumature che la stagione e il territorio sono stati in grado di raccontare nei grappoli.

Dal metodo classico “Mauvais Chapon” al Villa Calcinaia Chianti Classico e Chianti Classico Riserva, si passa alle tre Gran Selezioni “Vigna Bastignano”, “Vigna La Fornace” e “Vigna Contessa Luisa”, fino ad arrivare al “Casarsa” un merlot in purezza derivante da una vecchia vigna piantata per sbaglio nel 1967 e al Vin Santo del Chianti Classico : bottiglie, quelle che escono dalla cantina di Villa Calcinaia, che vi conquisteranno in tutto e per tutto.

L’azienda in numeri

  • 31,5 ettari di vigneto con una densità media di 5000 piante /ha di cui
  • 21,5 ha piantati tra il 1990 e il 2020 e 10 ha tra il 1959 e il 1975
  • 10 ha di oliveto
  • 100 ha di bosco

I VINI

Villa Calcinaia produce -in regime di agricoltura biologica- due diverse linee di Chianti Classico, La linea denominata “Villa Calcinaia” riporta sull’etichetta il blasone nobiliare di famiglia, un quadrato diviso diagonalmente in due metà, l’una bianca e l’altra nera.

È la linea più tradizionale, dallo stile vinicolo elegante, misurato ed equilibrato, le cui uve provengono dai vigneti più vecchi piantati tra il 1959 e il 1975.

La seconda linea di prodotti prende il nome dal primo membro della famiglia di cui si ha notizia, “Cappone”: queste etichette derivano da uve provenienti dai vigneti più giovani ma hanno anch’esse, come del resto il Villa Calcinaia, un’impostazione tradizionale legata al Sangiovese, il nostro vitigno principe.

LA SOSTENIBILITÀ

La sostenibilità ambientale, la salvaguardia della biodiversità, il rispetto della terra e della sua memoria, sono le linee guida nella conduzione dei vigneti ed oliveti di Villa Calcinaia, coltivati interamente in agricoltura biologica (certificata da Qcertificazioni Srl) dal 2000.

Uno degli esempi più recenti è rappresentato dalle azioni volte in azienda a favore delle api, sentinelle per eccellenza della salute dell’ambiente.

Attivando pratiche agronomiche come la semina di essenze e la creazione di siepi compatibili con la loro vita, la fattoria mira a migliorare la qualità dell’habitat in cui vivono al fine di tutelare sia la vegetazione che, di conseguenza, gli animali.

Negli anni sono inoltre state impiegate varie tecniche mirate sia al risparmio energetico, che all’economia circolare e all’utilizzo di fonti rinnovabili, quali ad esempio un impianto di geotermia formato da dieci pozzi geotermici che arrivano a 100 metri di profondità , il recupero delle acque piovane utilizzando le vasche di cemento della vecchia cantina, la fitodepurazione delle acque reflue provenienti dagli scarichi della fattoria e la produzione di un proprio compostaggio usando i sottoprodotti della coltivazione della vite e dell’olivo e della produzione del vino.

Il prossimo obbiettivo interesserà i capannoni agricoli usati per il rimessaggio dei macchinari tramite l’installazione sulle coperture dei pannelli fotovoltaici che consentirà all’azienda di essere completamente fuori rete.

L’adattamento al cambiamento climatico ha interessato naturalmente anche le coltivazioni.

L’azienda negli ultimi 15 anni ha infatti piantato i nuovi appezzamenti viticoli in terreni ad altitudini più elevate, tra cui una piccola vigna di uva bianca piantata sotto il Monte San Michele a circa 720 metri s.l.m. , e ha adottato per tutti i nuovi impianti l’alberello come sistema di allevamento.

Sistema d’allevamento non meccanizzabile ma che permette di adattare la gestione della chioma in annate particolarmente calde e trasformare in alberello pantesco quello che solitamente sarebbe un alberello lamolese.  La flessibilità offerta dall’alberello come sistema di allevamento può essere un vantaggio in un contesto in evoluzione come quello attuale.

Il convegno per i 500 anni

LA FAMIGLIA CAPPONI, IL CHIANTI E IL VINO

La famiglia Capponi è legata al territorio vitivinicolo toscano da sempre: la storia familiare è inscindibile dalla produzione del vino, tanto che il primo documento che descrive la vendita di una loro vigna nel senese è datato 1052, mentre la presenza in Val di Greve è ascrivibile alla metà del ‘400.

Ancora, la produzione del vino nei beni della famiglia è chiaramente documentata dal trasporto dei vini di tipo vermiglio verso Firenze.

Sarà proprio un Capponi, Niccola (1577-1643), che dopo una brillante carriera militare e frequenti viaggi in Francia, nel 1613 scriverà il primo atto sulle tecniche utilizzate oltralpe all’interno del suo trattato Modo di fare il vino alla Franzese, secondo l’uso de migliori paesi di Francia.

L’idea era quella di sviluppare una produzione che rispondesse alle nascenti richieste di mercato dirette verso vini meno colorati, ritenuti più salutari, maggiormente robusti, in grado di sostenere “l’annacquo” e che rispondevano eccellentemente all’invecchiamento.

È questo uno dei primi documenti che parla di un vino moderno nel senso più stretto del termine: per ottenere questa tipologia di vino si doveva procedere a un’attenta selezione di acini, perfettamente maturi e ricchi di zuccheri; iniziando la fermentazione nei tini e continuandola nelle botti.

Il vino Chianti sarà il principale vino italiano da esportazione, fino ad essere quasi l’unico su alcuni mercati stranieri nel XVIII secolo, richiesto in particolare dai ceti nobiliari dell’epoca, quasi uno status symbol tanto in Italia quanto all’estero. Nel 1722 il duca di Norfolk scriveva ad un rappresentante di Brolio a Londra per assicurarsi ogni mese la consegna “di cinquanta o più casse del vero Chianti”.

Nel 1716 Cosimo III, Granduca di Toscana, emanò un editto per definire i confini della zona di produzione del vino, prima denominazione “ante litteram”, il cui scopo era chiarire quale fosse il vero Chianti rispetto alla grande quantità di vini prodotti in diverse parti di Italia (e del mondo, in una sorta di italian sounding ante-litteram).

Il Granduca ebbe molti legami con la famiglia Capponi: Vincenzio Maria (1650-1725) e Ferdinando (1643-1714) furono i suoi Signori di Camera, Francesco (1612-1676) il suo Cappellano, e Vincenzio (1605-1688)       la cui biblioteca privata fu fonte della Biblioteca Riccardiana era senatore durante il regno di Cosimo III      Parallelamente,      verso il 1730       Ferdinando Carlo Capponi costruisce la cantina di fermentazione a fianco di Villa Calcinaia per centralizzare la produzione del vino con l’intento di garantire un maggior controllo sulla qualità.

Del 1893 è l’Esperimento dell’Unione dei Produttori Vini del Chianti, i cui soci

principali – Calcinaia, Uzzano, Vignamaggio e Tizzano – costruirono imponenti cantine per facilitare la logistica dell’imbottigliamento e la commercializzazione del vino Chianti. Il primo presidente dell’Unione fu proprio il conte Piero Capponi.

E ancora Piero Capponi fu tra i primi ad associarsi al Consorzio per la difesa del Vino Chianti e della sua Marca d’Origine fondato a Radda nel 1924 da 33 produttori che nel 1932 ricevette per i suoi vini la facoltà di aggiungere il suffisso “Classico” per distinguere il Chianti originale, prodotto nell’antica omonima zona delimitata nel 1716, da altri vini fatti “all’uso del Chianti” prodotti al di fuori di detta zona.

Nella prima metà del Novecento a Villa Calcinaia si iniziarono a fare delle interessanti sperimentazioni enologiche, come la creazione del primo vigneto specializzato, dedicato a una sola coltura e perciò non promiscuo, a opera del conte Recco. La varietà principale è naturalmente il Sangiovese; ma insieme ad esso convive una piccola comunità di altri varietali che rendono la popolazione del vigneto più eterogenea e vivace.

Nel 1992 il conte Sebastiano prende in mano la gestione di Villa Calcinaia e nel 1996, con il supporto professionale dell’ampelografo Roberto Bandinelli, inizia a conservare il patrimonio genetico delle uve presenti nei terreni dell’azienda, tra cui il Mammolo, il Sanforte, l’Occhiorosso, il Canaiolo, il Buonamico, l’Occhio di Pernice, il San Colombano, la Malvasia Bianca, il Trebbiano e più di 150 biotipi di Sangiovese.

Alcuni di questi varietali complementari vengono vinificati e imbottigliati a parte, a seconda della disponibilità dell’uva, in particolare l’Occhiorosso, il Sanforte e il Mammolo.

Dal 2022 l’azienda ha intrapreso un percorso in collaborazione con l’Università di Firenze “per la valorizzazione del vitigno autoctono Occhiorosso per il miglioramento delle produzioni vitivinicole toscane”.

LA FAMIGLIA CAPPONI E FIRENZE

La storia della famiglia Capponi è inscindibile dalla storia di Firenze, dapprima mercanti di lana e seta e poi nobili e mecenati delle arti, protagonisti della Repubblica, del Rinascimento, e del Granducato.

Uno degli episodi che rese celebre la famiglia fu proprio quando, come capo della delegazione della Repubblica fiorentina durante l’assedio di Firenze del 1494, Pier Capponi si oppose alle minacce e alle esose pretese da parte del re Carlo VIII di Francia, a cui diede la celebre risposta: «E se voi suonerete le vostre trombe noi daremo alle nostre campane!» sottintendendo con questa frase il fatto di essere pronto a chiamare il popolo fiorentino a combattere nelle strette vie cittadine nel caso l’esercito francese avesse messo mano alle armi.

I Capponi furono presenti a Firenze almeno dalla prima metà del XII secolo: la prima menzione d’archivio è di un certo Cappone Capponi, immatricolato nell’Arte della Seta nel 1210. Gli anni del Granducato per i Capponi furono un periodo di serenità politica e familiare, in cui gli affari della famiglia fiorirono grazie alle numerose proprietà terriere, tanto da fare arrivare il titolo nobiliare di conte.

A causa di questi svariati secoli di permanenza a Firenze sorgono in città numerosi palazzi e ville, sparsi in tutta Firenze, che portano il cognome Capponi e che testimoniano come la famiglia fosse protagonista della storia cittadina.

Edifici carichi di arte e bellezza tra cui: Palazzo Capponi-Covoni, Palazzo Capponi alle Rovinate, Palazzo di Gino Capponi all’Annunziata, Palazzo Capponi-Vettori, Palazzo Capponi-Incontri, Casa Capponi, Villa Capponi ad Arcetri e, naturalmente, Villa Calcinaia a Greve in Chianti, giunta oggi al compimento di 500 anni di proprietà della famiglia.

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