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Un agronomo di fama internazionale, Adriano Zago. E l’Agricoltura Biodinamica.

Nato a Conegliano nel 1977, scopre la passione per la terra e per il vino nella Scuola Enologica di Conegliano.

Continua la propria formazione presso la Facoltà di agraria di Padova e poi in quella di Montpellier (ENSAM e INRA), laureandosi in viticoltura ed enologia.

Adriano capisce subito che l’agricoltura è un sistema molto più ampio di quanto non gli sia stato insegnato, per conoscerlo meglio e migliorarsi decide di viaggiare, studiare e lavorare in molti Paesi: Francia, India, Argentina, Australia, fino alla Nuova Zelanda.

Inizia a lavorare in Toscana, prima per la Fattoria la Massa e poi per Castello dei Rampolla, due grandi realtà nelle quali si esalta la forza del “terroir” tutelando la diversità dei metodi e delle visioni del lavoro.

Come si rapportano gli studi tradizionali in Agronomia e Viticultura con il tuo lavoro in Agricoltura Biodinamica?

“La Laurea tradizionale è importantissima, perché fornisce i contenuti di base fondamentali, ma grazie alla mia esperienza, riesco a rimodulare le priorità di fattori economici, umani e tecnici di un’azienda. Questo è il vero nodo dell’Agricoltura Biodinamica, la ritengo un ottimo modello ispirativo per l’agricoltura futura, un mezzo importante per gestire il sistema agricolo”.

Sistema agricolo?

Sì, il sistema agricolo è un insieme di fattori ed azioni che servono per ottenere delle produzioni sane e di qualità. Il primo fattore è il suolo. Non esiste un’azienda che funzioni se il suo suolo non funziona bene. Poi c’è la biodiversità, importantissima per garantire l’entomofauna utile. La presenza di animali è altrettanto importante, perché portatori di sostanza organica ed energie che si muovono all’interno dell’azienda. Ultimo, ma certo non meno importante, bisogna lavorare per un paesaggio verso cui ci viene richiesto di essere tutori e creatori”.

Perciò è possibile fare reddito con una visione meno aggressiva dell’agricoltura?

Assolutamente sì, sono decine di migliaia le aziende in giro per il mondo che lo fanno in modo maturo, economico e sostenibile. Partendo da un assunto: i sistemi più deboli, quelli monoculturali, sono meno produttivi e più attaccabili da problemi fitosanitari. Quindi più costosi”.

Tornando al nostro territorio, con il Consorzio del Vino Chianti Classico che rapporti hai?

Tre anni fa abbiamo organizzato un corso di viticoltura biodinamica, il primo in assoluto promosso da un Consorzio di denominazione. Esperienza molto apprezzata e partecipata, anche perché le aziende per aumentare la professionalità e qualità del lavoro andranno molto più verso la formazione dei loro dipendenti che verso le consulenze esterne. E i componenti del Consorzio del Chianti Classico sanno perfettamente quale sarà lo sviluppo del mondo vitivinicolo”.

Ed il Biodistretto del Chianti?

I miei rapporti con il Biodistretto sono ottimi: penso subito a Ruggero Mazzilli, un agronomo ed amico con il quale condividiamo tantissime scelte, penso a varie aziende con le quali collaboro che ne fanno parte. E’ un modello di sviluppo sociale e tecnico importantissimo”.

Quindi biodiversità e visione d’insieme sono basilari per un modello di sviluppo corretto?

La monocultura e la produzione industriale stanno peggiorando la qualità delle nostre produzioni, del paesaggio e la salubrità della vita; creando maggior inquinamento, distruggendo la biodiversità ed indebolendo le nostre difese agli attacchi fitosanitari”.

Ma l’agricoltura biodinamica è applicabile in grandi realtà?

Il futuro è nelle grandi aziende, sono responsabile delle conversioni in viticoltura biodinamica delle più grandi aziende presenti sul territorio nazionale; come Avignonesi, Col D’Orcia, Ceretto, e altre ancora più grandi. La dimensione non pregiudica nulla, anzi, rappresenta il cambiamento che sta avvenendo. Altrimenti non si riuscirebbe a reggere il passo qualitativo ed economico con chi ha già avviato questa rivoluzione”.

Tutti noi, semplici consumatori o appassionati, come possiamo fare per aiutare questo cambiamento?

Spendendo i nostri soldi in modo consapevole. Il consumatore ha la stessa responsabilità del coltivatore, quando pensa cha la sua spesa sia ininfluente per il mantenimento di suoli sani, capaci di assorbire acqua, capaci di evitare smottamenti e disastri ambientali. Quindi leggiamo le etichette, e cerchiamo di capire che solamente mangiando in modo consapevole possiamo garantirci un futuro”.

Giulio Pecorini

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