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Venerdì 24 maggio alla Casa del Chianti Classico, a Radda in Chianti, si è svolto il terzo Vignaioli di Radda. Dove abbiamo avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con i produttori oltre che, ovviamente, assaggiare i loro vini.

La realtà dei Vignaioli di Radda è ancora molto giovane ma le idee sembrano essere ben chiare e condivise da tutti i produttori. L’intento principale, ribadito anche dal presidente Roberto Bianchi (di Val delle Corti), è quello di promuovere il prodotto principe di questa terra, senza che però questo debba implicare nessun tipo di omologazione fra i vignaioli che compongono l’associazione. La diversità come punto di forza.

In effetti all’interno dell’associazione convivono aziende con idee vinicole differenti e con grandezze differenti.

Ci dice per esempio Riccardo Lanza di Pruneto (azienda assai piccola) che “senza voler essere ipocriti questa associazione ha due grandi meriti: il primo è quello promozionale, che non guasta mai, e il secondo, che è quello veramente importante, è quello di avvicinare e connettere i produttori, che sono invece per tradizione una categoria disunita”.

Che l’unione faccia la forza è anche la convinzione di Federica Mascheroni del Castello di Volpaia che sostiene come la mancanza di intenti comuni sia un problema “non solo locale, ma addirittura direi nazionale. È per questo che credo invece molto nel progetto di questa associazione: più stiamo insieme e meglio è per tutti noi, anche perché Radda ha sempre avuto un’identità forte oltre ad essere ormai un territorio di qualità”.

Tra gli esperti del settore il vino di Radda sta effettivamente riscuotendo un successo che fino a quindici o venti anni fa sarebbe sembrato impossibile.

Abbiamo chiesto al presidente Roberto Bianchi come se lo spiega. “Mi piace dire che Radda è un po’ una cenerentola, sguattera per molti anni e finalmente principessa. Sicuramente l’aumento delle temperature ha giovato a questo territorio, ma questo aiuto esterno è solo una parte della spiegazione. Radda è ora come ora uno dei territori vinicoli più attenti e reattivi ai cambiamenti climatici oltre che fra i più dinamici”.

“Inoltre – dice ancora – il fatto di essere a lungo rimasta indietro ha di fatto permesso a Radda sia di non stravolgere il proprio territorio che di mantenere incondizionata la fiducia nel Sangiovese. Questo ci permette oggi di guardare al futuro con più tranquillità rispetto ad altri territori”.

E come si pone l’associazione nei confronti del Chianti Classico più in generale? “Il territorio del Chianti Classico ha un potenziale immenso – risponde Bianchi – Credo che valga ciò che in piccolo vale per la nostra associazione: le nostre differenze devono diventare la nostra forza”.

Abbiamo allora chiesto al presidente se l’associazione si ritiene favorevole all’introduzione delle zonazioni, ovvero le menzioni geografiche aggiuntive: “Il discorso delle zonazioni è molto complesso. Noi auspichiamo che si intraprenda una strada che porti al riconoscimento della zonazione comunale e che riconosca tutte le tipologie, dal Chianti Classico fino alla Gran Selezione”.

Abbiamo infine avuto il tempo di chiedere quali sono state le migliori annate passate e come si prospettano le future. Quasi tutti concordano sul fatto che 2015 e 2016 siano state fantastiche, anche se i più ritengono che la “sedici” si è dimostrata leggermente più fine dell’annata precedente. E per questo più adatta a esprimere tutto il potenziale del Sangiovese di Radda.

È per esempio Diego Finocchi, dell’Erta di Radda, a dirci che “l’annata 2016 è una di quelle di cui sono maggiormente contento. Rispecchia decisamente quella che è la mia idea di Chianti Classico: buona acidità ed equilibrio”.

Anche la tribolata ’17 sembra regalare soddisfazioni: quantità minori ma ottima qualità.

Quale sarà il futuro di questa porzione di Chianti vinicolo sarà il tempo a dircelo. Di sicuro però possiamo assicurare che i Vignaioli di Radda non staranno ad aspettarlo con le mani in mano.

Emanuele Grazzini

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