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“Per me il teatro non è naturale. Bisogna ricercare costantemente la verità. Amo più le persone che gli attori. È magia e verità”.
Queste sono le parole, intense, usate da Hervé Ducroux. Nato e cresciuto in Francia, è da sempre, l’emblema e il fulcro di Castellina in Chianti. Lui, con le sue opere teatrali, ha fatto rivivere l’anima del borgo chiantigiano.
“Lontano dal finto, dall’apparire, dagli stereotipi del teatro nostro, così “plasticoso”, così televisivo”. Nulla di più reale per Hervé. Pieno di energia e carisma, ha iniziato ad approcciarsi a questo mondo fin da piccolo.
“Ho conosciuto il teatro a scuola – ci racconta – Il 10% del tempo passato nell’istituto scolastico deve essere investito in altre attività. Questo mi è rimasto indelebile nella mente. Ho avuto l’onore di incontrare una persona straordinaria; insegnava greco e latino nella mia scuola. Amava il teatro più di se stesso. Portava in scena Pirandello, che nessuno in Francia conosceva. Era estremamente affascinante, molto colto. È stato veramente determinante per me”.
“La vita di un attore è come quella di un gatto” ci spiega. “Dorme, dorme e poi reagisce. Avviene tutto sul momento. Non è una vita facile. Di attori ce ne sono tanti ed anche coloro che lavorano molto, lavorano sempre poco. È difficile non avere progetti”.
“Avendo la mente più sintetica – continua Hervé – ho deciso di orientarmi verso la regia. Noi uomini abbiamo un’idea di noi stessi. Non bisogna mai spiegare il senso di una cosa ad un attore. Devi diffidare di dire cosa fare ad un attore, sempre”.
Dopo anni passati a lavorare in una compagnia “molieriana” a Parigi, nel 1984, Hervé arriva a Roma. “Ero un ragazzo molto curioso, molto attivo. Amavo la commedia, vi nutrivo molta passione” continua.
“Incontro determinante per la mia carriera è stato quello con Angelo Corti. Ha rispolverato tutta la grammatica della commedia italiana. Ha reinventato la commedia dell’arte” ci spiega. “A Roma, ho avuto l’onore di conoscere molti “mostri sacri” cioè star vere, come Anna Franchetti e Paola Borboni”.
“Solamente dopo l’incontro con Gaia Bastreghi – prosegue Hervé – ho iniziato a portare in scena spettacoli che avevano come scopo quello di restituire alle persone la loro storia, rivivendola. Questo è il valore del teatro popolare, molto vero e molto intenso. È un teatro che non morirà mai, perché la maschera esiste da sempre. L’uomo ha bisogno di cambiare pelle. Fare teatro, significa anche, restituire alle persone il piacere di essere”.
“In fin dei conti è quello che ho realizzato a Castellina. Abbiamo messo in scena “Stranieri” e la “Pia”. Sono semplicemente storie di uomini. Uomini e donne che si mettono insieme per raccontarsi, per riconoscersi, per incontrarsi. Il teatro deve raccontare gli uomini”.
Grande successo, che ha fatto il giro del mondo, è stato il cortometraggio “Il segreto del Santo”.
“Pensa che viene utilizzato in molte scuole degli Stati Uniti per insegnare l’italiano” esclama Hervé. “È una storia semplice, surreale ma basata sulle vicende, memorie e sorrisi di questo bellissimo Paese. Racconti bellissimi che se anche non sono raccontate nella Storia, fanno la storia della gente di oggi”.
Jessica Nardi