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Il “rosbif” è il nome con cui Pellegrino Artusi consacra questo piatto di origini inglesi, il roastbeef.

Si dice, racconta Francesco Sorelli nel suo libro “La Toscana di Ruffino” (qui su Amazon), che il roastbeef sia arrivato in Italia nell’Ottocento, quando le cuoche toscane hanno imparato a preparare questo piatto nelle numerose famiglie inglesi che vivevano a Firenze e in campagna.

Col tempo lo hanno adattato ai nostri ingredienti, introducendo l’olio di oliva, le erbe locali, il vino Chianti fino a trasformarlo in un delizioso classico italiano.

roastbeef

Per il roastbeef si usa generalmente un taglio magro di prima qualità, il controfiletto, che si trova nella parte dorsale dell’animale.

Lo si lega con dello spago da cucina, lo si droga con un trito di erbe toscane come il ginepro, il rosmarino, l’alloro, la salvia, l’aglio e lo si rosola in pentola, utilizzando in cottura anche del vino rosso.

Lo si serve rosato ma non sanguinolente e lo si guarnisce col sughino di cottura.

patateBuonissimo con le patate “mascè”: patate lessate fino a renderle morbidissime, schiacciate in punta di forchetta fino a farle diventare una crema, condite con olio (quando c’è quello novo è un tripudio), sale e pepe. Chi vuole anche una spolverata di prezzemolo.

Inutile dire che per le patate “mascè” la qualità della patata è fondamentale.

Francesco Sorelli – Il Bisarno Oltre la Sieve

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