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La nostra uscita dall’età infantile è stata selvaggia, la maggioranza di noi figli di contadini o braccianti, ante boom, non prevedeva nessun ausilio tecnologico né grandi varietà di dolciumi.

Al massimo ci poteva essere il gelato artigianale, crema e cioccolato, fatto dall’Erminda in un piccolo esercizio a Mercatale, oppure alle feste religiose, portato con una ghiacciaia, non so come, dalla Viola di Montefiridolfi.

Le caramelle erano “nude”, come le “mentine”, le vendevano a numero o a peso in un cartoccio fatto dal negoziante. Però questa “roba” costava, e per noi ragazzi non era facile… .

La “paghetta” non esisteva, ci poteva essere stato un piccolo premio per un aiuto in qualche lavoretto, salvo aver adempiuto agli obblighi imposti dall’essere componente il nucleo familiare. La carota dopo il bastone!

Però c’era la campagna coltivata, e c’era sempre qualcosa da “predare”. Si incominciava con i germogli delle viti sbucciati, e lì eran dolori se ti beccavano; poi arrivavano le “catere” (mandorle appena formate verdi), quindi le ciliegie, le prime pesche e le susine, le albicocche e in questo tempo si vedevano già i primi acini maturi di uva lugliola.

Poi esplodeva settembre coi fichi, le pesche vere e tanta uva: la Salamanna, il moscato… . Negli orti potevamo trovare i ravanelli e i cetriolini da mangiare con la buccia. Insomma eravamo delle caprette che brucavano di tutto, tanto che alle volte veniva il mal di pancia.

Allora, prima di chiamare “il dottore” ti facevano un “impiastro” (cataplasma) di seme di lino cotto o di “buina”(cacca calda di bue). Se ciò non bastava si passava alla purga: magnesia o olio di ricino, questa pre-terapia era avallata dal dottore in quanto la prima domanda che faceva ai genitori, quando convocato, era: “L’avete purgato?”.

Se siamo sopravvisuti a ciò è stato un evento. Forse tutta quella voracità era dovuta alla ricerca di vitamine che oggi vengono elargite nelle bevande e nei composti che molti giovani comprano. Ricordo quanto mi piacesse il lievito di birra fresco che mi mandavano ad acquistare dal droghiere per fare il pane (io regolarmente ne mangiavo la metà).

Siamo diventati adulti, abbiamo partecipato al boom e abbiamo attinto a piene mani a quanto la tecnologia e il mercato ci hanno proposto.

I nostri figli sono cresciuti allo stato semi-brado, tecnicizzandosi; i nipoti stanno crescendo come gli animali di allevamento: scuola, sport, smartphone, e igiene assoluta. La frutta al supermercato e il pollo già preparato, l’olio col contagocce. Stanno perdendo il gusto dei sapori… ah già, mangiano light.

Roberto Borghi