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C’è un viale magico nei dintorni di Quercegrossa, nelle campagne di Castelnuovo Berardenga: circondato da vigne, da enormi massi usciti durante gli “scassi” per costruirle, da alberi che in primavera esplodono di fiori. Al termine del quale si erge un borgo.

La Fattoria di Petroio (letteralmente… luogo delle pietre) “galleggia” in uno spazio sospeso nel tempo, in cui la passione, la tecnologia e la modernità si uniscono a un luogo che rimanda a suggestioni antiche.

Proprietaria della Fattoria è Diana Lenzi: “L’azienda – ci racconta – fa parte della famiglia di mio padre, Gianluigi, dalla fine del 1800. Partendo dal ramo familiare di mia nonna, i Pallini, di origine maremmana. Petroio era un’azienda molto più grande di oggi, ci vivevano circa 30 famiglie fra borgo e terreni. Era una fattoria vecchio stile con olio, vino, grano, orzo, animali”.

Nel 1978 conosce Pamela, americana di Seattle, la madre di Diana. Era arrivata in Italia nel 1969 a 18 anni. Doveva studiare un semestre italiano, ma si innamorò della Toscana: “I miei genitori decisero di dedicarsi a Petroio, di crearci la casa per una grande famiglia allargata e di concentrarsi sui vigneti. Erano affascinati: qui si faceva un vino rustico e campagnolo. Mio padre ha, di pari passo, continuato la sua carriera medica, mentre mia madre ha scelto di gestire Petroio”.

L’idea di fondo è sempre stata quella di fare un Chianti Classico tradizionale: “Mia madre ha un amore smodato per il Sangiovese e per i suoi complementari (Canaiolo, Colorino e Malvasia Nera). Negli anni ’80 abbiamo piantato un po’ di Merlot come una sorta di “assicurazione” sulla produzione. L’enologo disse che andavano rifatti tutti i vigneti, i miei hanno investito pezzetto per pezzetto”.

Poi arriva il momento di Diana: “Nel 2008 mi ero laureata in Scienze Politiche ma ho scelto di seguire la mia passione, la cucina. Mi sono diplomata come chef con le scuole professionali del Gambero Rosso. Ho deciso di trasferirmi qua: non sono la proprietaria che guarda le cose dall’alto, ho messo i piedi in vigna e le mani nelle vasche. Mi occupo anche della gestione burocratica, economico-amministrativa, commerciale”.

Il futuro? “Petroio me la immagino più piccola come estensione in ettari, a dimensione mia. Voglio anche fare maggiore ricezione, degustazione, cucina. Da piccola mia mamma mi metteva nel lavandino mentre lei cucinava, l’ho sempre seguita, misurando farina, zucchero, … . Lei ha sempre lasciato le porte aperte per tutti, cene, pranzi. Io sono identica”.

L’anno scorso Diana ha piantato 3 ettari di vigneto, che provengono da un lavoro di selezione clonale durato tre anni: “Abbiamo usato infatti l’ultimo vigneto degli anni ’60 per selezionare del Sangiovese, Canaiolo, Colorino, Malvasia nera, ma anche Malvasia bianca e Trebbiano, e quando abbiamo piantato quasi il 70% delle barbatelle veniva da questa nostra selezione. Penso che da qui nascerà la nostra Gran Selezione, perché più Gran Selezione di così non riesco ad immaginare nulla, ma anche il Vinsanto del Chianti Classico e un nuovo Igt Green”.

“Per quanto riguarda il Borgo invece – conclude Diana – stiamo per presentare un maxi progetto per la sua ristrutturazione, in modo da poter finalmente avere una cucina professionale e una sala degustazione ed eventi. Stiamo anche per ampliare le attività, creando anche un frutteto e un orto sociale”.