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La parola enoturismo in questi giorni è tornata sotto i riflettori, grazie al nuovo decreto MIPAAFT che regolarizza l’accoglienza in cantina e al primo articolo così recita “sono considerate enoturistiche tutte le attività formative e informative rivolte alle produzioni vitivinicole del territorio e la conoscenza del vino”.

Il turismo enologico è quindi vacanza di relax e al tempo stesso viaggio culturale, alla scoperta di territori e prodotti vinicoli di eccellenza, asset fondamentali del patrimonio economico e culturale del Bel Paese.

In Chianti, l’offerta enoturistica di qualità esiste da sempre, legata a due fattori principali: il fattore trainante del fascino del paesaggio, apprezzato nei secoli anche da profondi conoscitori del bello come Michelangelo e Leonardo, e nei decenni più recenti anche dalla qualità dei vini del territorio, sempre più apprezzata.

Il quadro che emerge da un questionario rivolto ai soci del Consorzio Vino Chianti Classico è piuttosto preciso: la terra del Gallo Nero è amata dagli stranieri, attrae gli amanti del turismo slow, offre esperienze enogastronomiche indimenticabili.

Con permanenze medie per lo più tra il weekend lungo e la settimana intera (oltre il 60% dei visitatori), il tempo a disposizione non manca: degustazioni e visite guidate nelle aziende (oltre il 90% delle aziende del Gallo Nero offrono questo servizio, di cui il 43% in maniera continuativa durante l’anno), corsi di cucina (27%) oppure una visita didattica (un’azienda su dieci le organizza) o un giro in bicicletta.

L’offerta così modulata e varia intercetta un bisogno sempre crescente di viaggiare per vivere un’esperienza: i borghi del Chianti hanno molto da offrire tra splendide espressioni del Romanico e antiche mura medioevali, ma il turista di oggi cerca di calarsi nel lifestyle chiantigiano per qualche giorno, un approccio in cui l’enogastronomia è regina in una terra come la Toscana, ed è sempre accompagnata dalla riscoperta delle radici storiche.

Il fascino del territorio del Chianti è stato apprezzato dagli stranieri, ancor prima che dagli italiani, tanto da essere diventato noto come “contea inglese”, il Chiantishire, data la predominanza dei sudditi sua Maestà tra i primi appassionati della zona del Gallo Nero.

Gli stranieri non hanno mai abbandonato il Chianti, anzi, la loro presenza è anche oggi predominante rispetto agli italiani, contando l’85% delle presenze sul milione e mezzo che ha registrato il territorio nel 2018. Cambia però la provenienza.

Oggi gli USA detengono saldamente il primo posto con un terzo circa dei visitatori, e il dato non stupisce: negli Stati Uniti viene venduto il 34% della produzione totale della denominazione.

La Germania, mercato storico per il Chianti Classico, registra un calo rispetto al passato, ma comunque si attesta sul 15% dei visitatori.

A sorpresa la tendenza in forte crescita nell’ultimo quinquennio è quella del turismo dalla Francia: oltre un quarto delle aziende vitivinicole hanno ricevuto visitatori francesi nell’ultimo anno, con una media di quasi un visitatore su cinque.

I cugini di Oltralpe rappresentano bene la crescita di un turismo enologicamente consapevole, anzi, di come il prodotto vino possa essere driver del turismo.

Parallelamente al crescente interesse verso il prodotto, crescono infatti anche i visitatori dall’Europa dell’Est e dall’Europa del Nord: Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia si aggiudicano un significativo 5%, mentre Russia e Polonia sono in pole position tra i paesi dell’est.

In generale, il turismo rispecchia pienamente il trend di crescita in conoscenza e passione del vino Gallo Nero che si è stata osservata sui mercati negli ultimi anni: enoturismo in aumento sì, ma con consapevolezza.

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