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C’è tanto, tantissimo Chianti Classico nel libro del critico gastronomico Aldo Fiordelli (prefazione di Allan Bay) “La Fiorentina. Osti, macellai e vini della vera bistecca” (200 pagine con oltre 180 fotografie inedite – di Dario Garofalo -, casa editrice Gruppo Editoriale).

Fiordelli rappresenta con autorevolezza il mondo della critica enogastromica italiana: giornalista professionista fiorentino, membro del comitato di direzione della Guida de L’Espresso, della quale è coordinatore toscano da oltre dieci anni; collabora poi con Decanter, Corriere Fiorentino, Civiltà del Bere e La Cucina Italiana.

WeChianti lo ha incontrato per una lunga (e interessantissima) chiacchierata attorno… alla bistecca Fiorentina.

Fiordelli, come nasce l’idea?

“Nasce dal fatto che sapendo che il mio lavoro è il critico gastronomico, e che sono di Firenze, tutti mi chiedono dove si mangia la bistecca buona. Domanda difficilissima, che ci ha fatto venire voglia di fare un giro nelle trattorie fiorentine per raccontarla in una rubrica che ha avuto un certo successo. Quando poi il sindaco di Firenze Dario Nardella ha proposto la bistecca come patrimonio universale dell’Unesco, abbiamo pensato che questo “tour” poteva diventare un libro. E la prima cosa che abbiamo scoperto è che… che non c’era un libro sulla bistecca Fiorentina”.

Prima di tutto lei è partito dall’animale giusto?

“Assolutamente da quello. Tutta la cucina di oggi, lo dice anche Alain Ducasse, è soprattutto ingrediente e materia prima. E se lo dice lui che è il migliore… . Nella bistecca lo è ancora di più: la cottura ha un sacco di dettagli, ma lo dice anche il mastro beccaio Vasco Tacconi, la bistecca Fiorentina nasce per gustare la buona carne. Quindi si parte dagli allevamenti per un animale sano e buono. Siamo andati nell’allevamento dove è nata ufficialmente la Chianina, La Fratta di Enrico Lagorio, ci siamo confrontati con Guido Vivarelli Colonna che è un altro allevatore e selezionatore”.

Quindi Fiorentina solo se è di Chianina?

“No. Diciamo che una Fiorentina dovrebbe essere fatta con un animale almeno di filiera corta. Noi consideriamo prima di tutto come ottimo il vitellone bianco italiano. Sono le razze appenniniche, la Marchigiana, la Romagnola, la Calvana, la Chianina e in parte la Piemontese. Fra queste la Chianina ha sicuramente dei pregi particolari: gastronomici e tecnici. E’ un animale che cresce lentamente, quindi costoso. Ma crescendo lentamente produce colesterolo buono, tanto che si tratta di una delle poche carni rosse che non hanno colesterolo cattivo”.

Come cuocerla? Anzi, come non rovinarla?

“Oggi vanno di moda le cotture indirette, cioè in forno. Con le quali si ottiene una cottura più regolare, che però secondo noi non sono tipiche né giuste per la bistecca Fiorentina. Che deve essere al sangue, proprio perché nasce per gustare la buona carne. Le cose importanti per una bella Fiorentina: griglia con brace di legna o di carbone di legna, con preferenza per quercia o olivo, che sono legni che fanno una brace dolce. Non a caso c’è una leggenda che dice che le migliori bistecche si sono gustate nel 1986, quando si bruciavano molti olivi falciati dalla gelata nel 1985”.

Altezza della carne?

“La vera bistecca Fiorentina in origine non era alta come la mangiamo oggi, era due dita, massimo due dita e mezzo. Lo dice anche il Falorni nel libro, sostenendo che si mangiano bistecche troppo alte. Siamo arrivati alla quattro-cinque dita perché fondamentalmente ce la stanno imitando un po’ dappertutto. Ma qual è la caratteristica che nelle altre regioni non riescono a clonare? E’ quella della cottura al sangue e alta: culturalmente in Toscana si taglia una bistecca alta quattro dita, anche cinque, altrove no. Difficilmente fuori dalla tradizione della Fiorentina si fa una bistecca così al sangue, tanto meno all’estero. In sostanza il taglio così alto è stato un modo per difenderla”.

Nel libro c’è anche spazio per quattro macellai (due chantigiani doc): Dario Cecchini, Stefano Bencistà Falorni, Simone Fracassi, Luca Menoni…

“Vengono intervistati botta e risposta, visto che l’idea del libro è raccontare e far raccontare, in modo che le persone si facciano la loro idea. Parlano anche della loro vita, di come si sono rapportati con la carne fin da bambini. Sono una miniera di aneddoti”.

Un’altra parte del libro è sull’abbinamento vino-Fiorentina. Ci dà qualche indicazione in questo senso?

“Nel libro ce ne sono diversi, con molti Chianti Classico: sicuramente il Sangiovese si presta bene, soprattutto quando ha un alcol meno esuberante, meno forte, che non va a cozzare con la bella grattata di pepe che nella bistecca ci vuole. Asciuttezza, acidità, tannino bilanciano una buona Fiorentina, che deve sempre avere un buon grasso. Detto questo, un vino buono sta bene con tutto”.

A proposito di Chianti: un filo d’olio extravergine d’oliva sopra? Sì? No?

“Perché no, va in base al gusto. Ma… perché no! Anche sui condimenti ci sono tante curiosità nel libro: ma io dico, con un bell’olio nuovo… come fai a tenerlo lontano da una Fiorentina?”.

Insomma, alla fine di tutto, dove la possiamo mangiare allora questa benedetta bistecca?

“Il libro propone una sorta di guida ai migliori ristoranti e alle migliori trattorie dove si mangia Fiorentina. Locali di Firenze, ovviamente, ma anche della Toscana, di Milano, di Londra, di Parigi e di New York. In territorio chiantigiano? Da Rinuccio 1180, alle Cantine Antinori, e da Dario Cecchini a Panzano in Chianti. Poi avrei anche un paio di altri indirizzi, ma per adesso li tengo nascosti…”.

Matteo Pucci

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