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Con il graduale aumento del numero delle aziende convertite al bio, si rafforzano gli obiettivi della rete del Biodistretto del Chianti, nata dalla collaborazione tra il mondo agricolo e le amministrazioni comunali del Chianti, sancita nel 2016.

Sono una cinquantina le realtà dei territori di area fiorentina e senese che oggi producono integralmente biologico ispirate dall’anima del progetto le cui radici sono legate all’area di Panzano in Chianti dove la percentuale del biologico raggiunge addirittura il 90 per cento.

E’ tra le colline panzanesi che, alcuni anni fa, nacque il primo Biodistretto vitivinicolo di Greve, con l’eccellenza di Panzano, grazie all’intraprendenza di alcuni viticoltori che introdussero sperimentalmente metodologie naturali per contrastare la proliferazione dell’insetto più pericoloso e dannoso per la vita delle vigne, lo Scafoideus Titanus, evitando l’utilizzo di molecole di sintesi ma ricorrendo esclusivamente all’applicazione di elementi presenti in natura.

Uno dei pionieri che trent’anni fa iniziò a realizzare il sogno di produrre un’eccellenza vinicola rispettosa dell’ambiente è Luca Orsini, vignaiolo doc, come ama definirsi lui stesso, da qualche anno alla guida, nel ruolo di vicepresidente, del Biodistretto del Chianti.

“Il vignaiolo è colui che segue tutto il processo produttivo del vino, dalla raccolta delle uve alla commercializzazione – spiega Luca Orsini – utilizziamo solo rame e zolfo e concimi di origine organica, il nostro impegno è quello di produrre un vino di altissima qualità accessibile alle tasche del consumatore”.

L’obiettivo del Biodistretto è quello di potenziare la rete ed estendere i principi e la gestione pratica ad un territorio sempre più ampio.

E il Biodistretto del Chianti mette in campo anche un ruolo diverso dell’agricoltore, mutuato dall’esperienza del passato, il viticoltore che presidia, monitora e preserva l’ambiente senza abusarne è prima di tutto un custode attento del territorio.

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