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Un quarto di secolo tondo tondo: lunedì 27 marzo, quando ha rassegnato in forma inequivocabile le sue dimissioni al consiglio d’amministrazione, Giuseppe Liberatore era al 25esimo anno da direttore del Consorzio Vino Chianti Classico.

Figura di riferimento per il Chianti e la Toscana, per il mondo del vino a livello nazionale e internazionale, la sua decisione ha destato sorpresa in molti. In qualcuno anche sconcerto.

Andrà a fare l’amministratore delegato di ValorItalia, rimanendo comunque in carica ancora per qualche mese per consentire una transizione meno traumatica. WeChianti lo ha incontrato, per chiedergli motivazioni. E per capire quali le prospettive del “suo” Gallo Nero.

Liberatore, quando è maturata la decisione?

“E’ maturata negli ultimi mesi e nelle ultime settimane. C’era questa possibilità che mi ha un po’ intrigato, perché ValoreItalia è una società che io e qualche collega abbiamo pensato e fatto nascere nel 2008. Che dal 2009 ha iniziato a lavorare alla grande: oggi certifica il 70% dei vini a denominazione italiani, ha 180 dipendenti, 30 milioni di fatturato. Insomma, una società di peso e importanza. Un’altra sfida che vado a cercare negli ultimi anni della mia vita lavorativa”.

Ma quanto è stato difficile lasciare il Consorzio? Era lì, come si dice in questi casi, da una vita…

“E’ pesante abbandonare. Non è stata certo una decisione presa a cuor leggero. Per qualche mese ho riflettuto molto, ma alla fine è stata ponderata”.

Dal Consorzio come è stata presa?

“Sia il Cda che il presidente mi hanno espresso il loro ringraziamento. Alcuni mi chiedono… adesso come si fa? Ho detto che secondo me il Consorzio è una macchina che funziona, Liberatore era quello che guidava, ma lo chassis, il motore ci sono e sono di alta qualità. Abbiamo dei professionisti interni che conoscono bene il loro mestiere. Sono cosciente che la struttura è solida ed è importante che il Cda faccia le scelte giuste. Ma sono sicuro che saprà farlo: io rimango qui per quattro mesi, in modo da dare il tempo necessario. A parte i primi contraccolpi iniziali, che potranno esserci, sono sicuro che la struttura potrà proseguire alla grande”.

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Lei è sempre stato indicato anche come esperto “cacciatore” di bandi e finanziamenti: è questa forse la sua eredità più critica?

“Non credo. Oggi questi bandi e questi finanziamenti sono ormai alla luce del sole, e nel Consorzio ci sono persone capacissime di seguirli. L’aspetto un po’ più critico nei primi tempi sarà caso mai quello relativo ai rapporti politio-istituzionali: ci vorrà un po’ di tempo per trovare la persona giusta, ma sono sicuro che tutto andrà per il meglio”.

Proprio adesso però, con Distretto Rurale e Chianti patrimonio dell’Unesco alle porte…

“Su quello c’è continuità. Ho già scritto ai sindaci. Abbiamo una persona come Michele Cassano che sa tutto e che ha grande esperienza. Da questo punto di vista lui sarà sicuramente in grado di dare continuità ad entrambi i progetti e al rapporto con le istituzioni. Sono progetti da portare a casa in ogni modo”.

Cosa risponde, infine, a chi collega queste sue dimissioni a presunti contrasti nel Cda?

“Io penso che i contrasti ci sono sempre, così come le diversità di vedute. Ma la mia scelta non è stata certo determinata da questo. Ci sono le condizioni perché il Cda possa fare le scelte giuste per la mia successione. A questo proposito ho fatto un lungo discorso con il presidente, con i vice, con i collaboratori: e sono sincero quando dico che nessuno è indispensabile”.

Matteo Pucci

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