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Per qualcuno scegliere la sostenibilità come alternativa alle tecniche tradizionali può diventare una filosofia aziendale. Questo è ciò che ha fatto l’azienda Barone Ricasoli (al Castello di Brolio, Gaiole in Chianti) che ha deciso ormai da alcuni anni di investire in più moderni studi e macchinari che permettano loro di percorrere una strada all’insegna del mantenimento del territorio.

Arrivando a quella che è la più antica azienda vitivinicola italiana si viene abbracciati dalle vigne che circondano la tenuta. La vecchia cantina, ristrutturata con un  moderno design regala un effetto contrastante sorprendente.

Qui il direttore dell’azienda agricola, Massimiliano Biagi, agronomo, ci accoglie e racconta quello su cui hanno lavorato ed i risultati ottenuti: “L’azienda ha deciso di essere sostenibile per l’ambiente anziché far solo fronte alla richiesta del mercato di produrre biologicamente”.

“Per quattro anni – spiega – sono state fatte delle prove gestendo circa 40 ettari di terra in una zona difficile producendo uve biologiche, usando solo prodotti biologici nei trattamenti preventivi. Abbiamo confrontato questa gestione con quella integrata, e ne abbiamo ottenuto delle considerazioni importanti”.

Studi che hanno permesso loro di capire quali prodotti e quanti trattamenti fossero necessari, a scapito del terreno. Scegliendo la strada della coltivazione integrata hanno puntato l’attenzione sulla salvaguardia e la tutela di un ambiente sano e naturale, da ogni punto di vista.

“Gestire la vigna con concimazioni organiche, eliminare l’uso del diserbo, scegliere le attrezzature più idonee alla conformazione del terreno sassoso di queste zone” continua l’agronomo “gestire la parte difensiva attraverso i modelli previsionali, non assoluti ma molto attendibili, per conoscere le condizioni ideali per effettuare, o meno, i trattamenti. Tutte tecniche sulle quali puntiamo per mantenere il nostro prezioso territorio”.

Ci spiega come modernissime innovazioni tecnologiche siano state per loro decisive in questo cambio di rotta effettuato ormai da alcuni anni: centraline installate sul terreno hanno raccolto dati meteo che sono poi stati mandati allo studio di uno spin-off dell’università di Piacenza, che è arrivato a costruire dei modelli previsionali di malattia.

L’azienda, che crede fortemente in tutto questo, ha sostenuto investimenti iniziali che nel tempo saranno ripagati: “Anche nella gestione del suolo, che ha origini geologiche diverse, si è visto che è necessario rispettare le pendenze e adattare l’impianto delle vigne a seconda della conformazione del terreno” continua Massimiliano “Per questo abbiamo studiato un sistema a ventaglio che si orienta in base alla pendenza senza modificarne in alcun modo l’assetto collinare. Inoltre produciamo compost e concime con i tralci della vigna potati insieme al letame di animali allevati in zona, anziché bruciarli e disperdere energia sotto forma di calore, usato poi prima di impiantare nuove vigne”.

Il prossimo passo per Barone Ricasoli sarà quello di rientrare in una certificazione di sostenibilità che permetterà, appena attivata, di essere certificati sulla sostenibilità ambientale, etica e economica. A conferma che sono sulla buona strada ma che esiste un ampio margine per migliorarsi in materia.

Il recente cavallo di battaglia è stato la selezione clonale di due loro Sangiovesi: “Grazie alla storia centenaria dell’azienda abbiamo scoperto un Sangiovese autoctono che è stato possibile reinnestare e osservare seguendo l’iter della certificazione della clonazione, ottenendo così i due cloni”.

Che costituiranno un patrimonio dell’azienda, più sostenibile e più resistente rispetto a nuovi materiali che si trovano sul mercato. Una storia di oltre un secolo che si proietta nel futuro.

Silvia Rabatti