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Questa “Lettera da Panzano”  è come arrivasse da Stavanger in Norvegia, diciamo una  contro storia, ibrida, perché mescola Norvegia e Chianti.

Ve la racconta Dario, che venerdì è partito insieme a Kim, per una breve quasi vacanza sul Mare del Nord.

Eravamo già stati da Oslo a Stavanger un paio di anni fa. Avevamo un accompagnatore, una guida fornita dai nostri ospiti, che navigando di fiordo in fiordo ci narrò gli alti e bassi dell’economia cittadina, ora non più “ina”, essendo la quarta del Paese per importanza.

Stavanger era un grosso povero  villaggio di pescatori che vivevano delle modeste risorse che si possono immaginare. Fortuna volle che un fiume di sardine, una massa d’argento come un corpo solido, chissà da quale corrente portate, facesse rotta  proprio in quella zona di mare. Si doveva approfittare della pesca miracolosa e conservarla, in scatola. Così iniziò l’industria. E ci fu ricchezza per tutti.

Un bravo inscatolatore poteva confezionare anche 600 lattine al giorno, finché un fabbro riuscì ad automatizzare il lavoro portando la produzione a 1.000 ogni ora, invadendo i mercati del mondo. Tutti abbiamo mangiato ottime sardine in scatola.

Poi, le sardine, forse rendendosi conto della cupidigia umana, decimate, cambiarono  rotta, cosicché con il calo della produzione tornarono i tempi magri.

Ci fu, e c’è sempre, un bel mercato ittico a Stavanger sorvolato da pattuglie di gabbiani in cerca di facile preda, e c’è pure un bel Museo dedicato all’inscatolamento e alle belle etichette provenienti da tutto il mondo.

Ma i tempi magri finirono ancora una volta, con la scoperta di giacimenti petroliferi entrati in funzione nel 1969, e tornò la ricchezza per tutti. La bella città dalle case colorate e dai davanzali fioriti mette allegria. Ora, con il calo del prezzo del petrolio, pare che 30.000 lavoratori di Stavanger abbiano perso il lavoro.

Questa storia potrebbe fare il paio con gli alti e bassi dell’economia del il nostro Chianti.

“Rende quanto un podere in Chianti”, dicevano una volta, a significare qualcosa di fruttifero. La mezzadria fece ricco il Chianti, un po’ meno i mezzadri, che dopo la guerra andarono a trovar maggior fortuna in città, nelle industrie. L’abbandono delle campagne rese negletti questi nostri luoghi e di conseguenza, furono tempi magri.

Ma ecco il Chianti Shire ambito dagli stranieri. Capaci imprenditori e nobili proprietari terrieri si fecero vignaioli, il rilancio del vino dalle prestigiose etichette, il tutto sommato alla bellezza dei luoghi e all’iniziativa creativa della nostra gente, fa oggi del Chianti uno dei luoghi più ammirati, visitato da turisti di tutto il mondo.

E se per un qualche dannato accidente questa fortuna tendesse a sparire?

Tranquilli. Aspetteremo fiduciosi che le sardine risalgano il corso della Pesa e dei nostri torrenti!

Dario e Miriam