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L’entusiasmo di Paolo Baldini è travolgente: ci accoglie nella sua azienda agricola, sulla “terrazza” naturale che domina Montefioralle, assieme alla moglie Samuela. E proprio a Montefioralle da alcuni mesi alcuni produttori (Paolo compreso) si sono riuniti in un associazione che valorizza i vini prodotti in questo “fazzoletto” di Chianti Classico.

E’ giovane Paolo, ha poco più di trent’anni. E un entusiasmo straordinario: “Altiero – ci racconta spiegandoci il nome dell’azienda agricola – è mio nonno. Lui era il fattore dell’Azienda Agricola del dottor Gianfranco Pecchioli. Era enorme, 500 ettari: quando venne ceduta, la mia famiglia acquistò questo pezzo di terra con un fienile. Il nonno era amico del figlio del Pecchioli, si erano laureati insieme in agraria, eravamo nel 1974. Poi, nel 1984, si iniziò a produrre vino per la famiglia, per gli amici…”.

La svolta imprenditoriale l’ha data proprio Paolo, nel 2001. Quando, giovanissimo e fresco di diploma Agro Forestale, ha deciso che questa era la sua strada.

“Non ero proprio adatto a fare l’operaio in fabbrica – sorride – Per me era impossibile allontanarmi dalla vigna e dai boschi dove mi portava sempre il nonno Nello. La mia prima bottiglia? E’ del 2001, ne imbottigliavamo circa 1.000. Oggi siamo intorno a 10-12mila. Dalla vendemmia 2015 abbiamo prodotto altre due tipologie di vino, che saranno pronte per il 2019 circa. Il primo vino è la Gran Selezione di Chianti Classico, il secondo è un vino prodotto da un clone di Malvasia nera di circa 900 anni”.

“Per me fare vino è tutto – dicesenza esitazioni – è passione, è raggiungere lo scopo principale di tutto l’anno. E non è certo un percorso semplice: il Sangiovese è un’uva un po’ “ignorante”; ci manca l’appeal del Barolo, del Brunello”.

La vendita diretta è il cuore dell’azienda di Paolo. “Molte guide turistiche ci apprezzano – racconta – siamo diventati anche amici. Gli piace il fatto che siamo giovani, che siamo piccoli, che ci stiamo dietro noi. Io esco dal campo fangoso, vado e spiego”.

“Poi passano nei filari – continua Paolo – e chiedono come mai c’è l’uva in terra. Allora spieghiamo che è meglio produrre qualcosa in meno ma di qualità migliore”.

“Crediamo tanto nel Chianti Classico come tradizione – conclude Paolo – E la tradizione è quella di berlo in famiglia, fra amici. Quando le persone vengono qua vogliamo che si sentano a casa loro. Siamo andati un po’ contro corrente: quando l’economia ha iniziato ad andare giù per andare incontro al mercato americano molti produttori hanno cambiato la tradizione del Chianti Classico. Noi utilizziamo barrique usatissime, non c’è blend (Sangiovese al 100%) e adesso apprezzano. E se proprio non gli piace… faccio comunque anche un Igt”.